Si tratta di una pianta secolare localizzata nel comune di Pianoro, fotografata nel 1965 da Luigi Fantini, studioso del territorio bolognese, che gli attribuì un’età di circa 300 anni. La foto era accompagnata da una breve descrizione: “dal grosso tronco (cm 120 di circonferenza) si espandono in direzione nord e sud, rigogliosissimi tralci per una lunghezza complessiva d’una trentina di metri. Produce annualmente dai 5 ai 6 quintali di ottima uva nera” (Fantini, 1971).
Dopo un lungo periodo di abbandono, nel 2000 Stefano Galli, responsabile della sezione LIPU di Pianoro, ritrovò la vite centenaria in condizioni pessime e sopraffatta dai rovi e si rivolse al titolare della vicina azienda vitivinicola Podere Riosto, Alessandro Galletti, per avere consigli e aiuto per salvarla. Il tronco originario era molto rovinato, ma opportuni interventi di “restauro” e potatura permisero di salvare la “vecchia signora dell’Appennino”. Per essere certi di non perdere l’importante risorsa genetica, alcune gemme derivate dalle prime potature furono sovra-innestate su viti delle vigne di Podere Riosto.
Analisi molecolari hanno consentito di escludere la sinonimia con varietà che presentavano affinità di caratteri ampelografici, come il Negretto, varietà diffusa un tempo nel territorio bolognese, e con due vitigni toscani, il Buonamico e l’Aleatico (Fontana et al., 2006).
Usi
Uva con contenuti non elevati di antociani, fornisce un vino di colore rosso-rubino non molto intenso, con riflessi violetti non molto astringente. Possiede un profilo aromatico caratteristico per le note fiorali e per un fruttato di frutti rossi tra cui spicca l’amarena.
Viene vinificato anche in uvaggi con altre varietà.