Baratuciàt: informazioni generali

informazioni generali gestite da Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante - CNR
come citare questa fonte Schneider A., Ruffa P., Raimondi S., 2013. Baratuciàt. In: Italian Vitis Database, www.vitisdb.it, ISSN 2282-006X
ringraziamenti Ager Foundation, Regione Piemonte
informazioni botaniche
nome
Baratuciàt
tipo di origine
spontanea
specie
Vitis vinifera
gruppo di varietà
non disponibile
genere
Vitis
sottospecie
sativa
vitigno da
vino
codice
IVD-var_20
registrazione
iscritto al Registro Nazionale delle Varietà di Viti
si
codice
413
nome ufficiale
Baratuciat B.
sinonimi
sinonimi accertati (1)
sinonimi accertati dall'Istituzione che compare con eventuale supporto bibliografico
cloni omologati
immagini
  • germoglio
    germoglio
  • foglia
    foglia
  • grappolo
    grappolo
  • acino
    acino
Riferimenti storici

La prima prova della sua presenza nell'area compresa tra la Bassa Valle di Susa e la pianura limitrofa è rappresentata da un documento inserito nel fascicolo VIII del Bullettino Ampelografico (Di Rovasenda, 1877), dove viene citato un vitigno indicato come Berlon ‘d ciat bianco, presente in piccole proporzioni nel comune di Villarbasse.

Con la denominazione Berlon ‘d gat, Giovanni Dalmasso, negli "Studi Ampelografici nell'Astigiano" del 1909, descrive un vitigno a bacca bianca diffuso in particolare a Govone e comuni limitrofi; tuttavia le caratteristiche ampelografiche riportate per questa varietà non coincidono con quelle del Baratuciàt.

diffusione & variabilità

Secondo le testimonianze orali raccolte, questo vitigno era un tempo diffuso nella Bassa Valle di Susa e allo sbocco di essa nella pianura, in particolare nella zona che comprende gli attuali comuni di Almese, Avigliana, Buttigliera, Rosta e Villarbasse. Tuttavia, non se ne può escludere la presenza, in un passato più lontano, anche in altre zone viticole della Valle di Susa.

 

Recentemente recuperato nel solo comune di Almese, è stato iscritto nel 2008 al Registro nazionale delle varietà di vite e autorizzato alla coltura su tutto il territorio piemontese. Fino ad oggi si è diffuso poco, interessando attualmente meno di un ettaro di superficie, ma proprio in questi anni (2013-14) se ne sta avviando una più ampia propagazione vivaistica per soddisfare il vivo interesse per questa cultivar dei viticoltori di molte aree del Piemonte.

utilizzazione tecnologica

In virtù della elevata vigoria e della precocità di germogliamento che lo espone alle gelate tardive, le forme di allevamento più utilizzate erano quelle alte come la pergola. L'utilizzo dell'uva era essenzialmente da mensa; venivano infatti recisi i capi a frutto con tutta la produzione (per altro sempre molto abbondante) e conservati in fruttaio per il consumo dell’uva durante l'inverno. Non si hanno notizie di vinificazioni in purezza utilizzando tale varietà, ma testimonianze la indicano come poco adatta alla vinificazione, poiché aveva difficoltà nella maturazione (probabilmente per eccesso di carico produttivo).

In seguito alla sua riscoperta, intorno al 2000, si è evidenziato come le uve, se lasciate maturare sufficientemente, possano fornire un vino non solo piuttosto alcolico e dall’acidità sostenuta, ma soprattutto dotato di profumi fiorali e fruttati molto intensi e particolari.

bibliografia (2)
autori anno titolo rivista citazione
Dalmasso G. 1909 Studi ampelografici nell'Astigiano Dattiloscritto. Presso Università degli studi di Torino, DISAFA, unità di colture arboree e fisiologia applicata. Torino.
Di Rovasenda G. 1877 Catalogo dei vitigni attualmente coltivati nella provincia di Torino con un cenno delle proporzioni nella loro coltivazione compilato sulle indicazioni fornite da ciascun comune alla Commissione ampelografica provinciale. In: Bullettino ampelografico, fascicolo VIII. Tip. Eredi Botta (Roma).
aggiornamento 14/11/2016 12:01:27 (8 anni fa)