Bonarda: informazioni generali

informazioni generali gestite da Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante - CNR
come citare questa fonte Schneider A., Torello Marinoni D., Raimondi S., 2014. Bonarda. In: Italian Vitis Database, www.vitisdb.it, ISSN 2282-006X
ringraziamenti Ager Foundation, Regione Piemonte
informazioni botaniche
nome
Bonarda
tipo di origine
spontanea
specie
Vitis vinifera
gruppo di varietà
non disponibile
genere
Vitis
sottospecie
sativa
vitigno da
vino
codice
IVD-var_34
registrazione
iscritto al Registro Nazionale delle Varietà di Viti
si
codice
35
nome ufficiale
Bonarda N.
sinonimi
sinonimi accertati (3)
sinonimi accertati dall'Istituzione che compare con eventuale supporto bibliografico
  • Negrìn (Val d'Ossola, Verbania province)
  • Bonarda di Chieri (Piemonte)
  • Bonarda piemontese
cloni omologati (1)
immagini
  • germoglio
    germoglio
  • foglia
    foglia
  • grappolo
    grappolo
  • acino
    acino
Riferimenti storici

La denominazione di Bonarda compare per la prima volta, a quanto sappiamo, nel 1685 tra gli appunti raccolti dal conte Pier Francesco Cotti nel suo Giornale di me (Di Ricaldone, 1972), riguardo a dei maglioli da piantarsi nella propria vigna di Neive (Cuneo). Non possiamo determinare con certezza quale fosse il vitigno trattato in questo scritto e forse neanche quello brevemente descritto con questo nome dal conte Nuvolone nel 1798, anche se le poche caratteristiche della Bonarda che questo autore enumera si adattano bene al vitigno che trattiamo. Al contrario, le descrizioni che Giuseppe Acerbi riporta per la Bonarda coltivata rispettivamente a Valenza e nell’Oltrepò pavese, sembrano essere poco calzanti con la morfologia della Bonarda piemontese. La descrizione presente nell’opera di Lorenzo Francesco Gatta, datata 1833 e basata su viti osservate a Strambino (provincia di Torino), fa certamente riferimento all’Uva rara, così come le ‘Bonarde’ della ‘Famiglia delle Balsamine’ descritte dall’abate Milano nel 1839 nel suo ‘Delle viti e dei vini della provincia biellese’.

Oltre a quella del Nuvolone, la prima pur breve descrizione certamente riferibile alla Bonarda piemontese, possiamo forse trovarla nel riferimento alla Bonarda inserita tra le uve ‘classiche del capoluogo’ (Torino) dal conte Gallesio nel 1831 nei suoi ‘Giornali dei viaggi’ (1995). Oltre all’Ampelografia Italiana (Comitato Centrale Ampelografico, 1879-90), che comprende un’ampia trattazione di questa cultivar, si può citare come sicuramente riferibile al vitigno in questione la descrizione presente nell’Ampelografia della Provincia di Alessandria di Demaria e Leardi (1875) e ovviamente la monografia redatta per il Ministero da Giovanni Dalmasso e collaboratori (1963).

diffusione & variabilità

Le cultivar identificate con il nome Bonarda non solo sono numerose, ma si ritrovano in un areale relativamente ristretto, compreso interamente nella regione piemontese e nel confinante Oltrepò pavese.

Grazie agli studi ampelografici intrapresi in tempi diversi (Comitato Centrale Ampelografico, 1879-90; Schneider e Mannini, 1993), la complicata situazione di questi vitigni omonimi è da tempo chiarita: oltre alla Bonarda piemontese che, come diceva già il Rovasenda (estensore della monografia relativa nella citata Ampelografia Italiana) “ha la sua sede principale sulle colline che sovrastano a Torino, da Chivasso a Gassino e Chieri e si estende abbastanza diffuso verso l’astigiano ed un po’ anche lungo le Prealpi”, troviamo un secondo vitigno, detto ‘Bonarda novarese’ dall’area principale di coltura, che coincide con la cultivar denominata più correttamente Uva rara; un terzo, diffuso nell’area di Cisterna d’Asti, nel Tortonese e nell’Oltrepò pavese e più sporadicamente nel monferrato alessandrino corrisponde alla Croatina. Inoltre in tempi recenti è stato diffuso in Piemonte da alcuni vivai il Refosco di Faedis al posto della Bonarda piemontese. Infine sono presenti sul territorio piemontese alcuni vitigni minori che vengono talvolta denominati Bonarda, spesso aggiungendo al nome generico una specificazione geografica o tradizionale (B. ‘d Macoun, B. di Cuceglio, ecc.); sotto questi nomi si celano in realtà vitigni minori distinti quali il Neretto duro, lo Zanello, la Durasa.

Va ancora ricordato che per ovviare alla confusione con gli omonimi, il nome originario del vitigno nel Registro Nazionale era ‘Bonarda piemontese’, poi cambiato nell’attuale Bonarda. La presente distribuzione della Bonarda rispecchia ancora quella indicata dal Rovasenda, ma durante gli ultimi decenni del ‘900 ha avuto una certa espansione in molte altre aree viticole piemontesi, grazie anche ad un certo successo, ora ridimensionatosi, del vino che se ne ricava. Sul totale nazionale, comunque, la superficie investita a Bonarda (piemontese) è alquanto modesta e si può stimare inferiore ai 100 ha, su di un totale di 750 ha nel 2010 che comprende però una grande quota di Croatina (in Lombardia ed Emilia Romagna) e di Uva rara (nel Nord-Piemonte). 

utilizzazione tecnologica

Uva di maturazione medio-precoce, la Bonarda fornisce vini intensamente colorati e morbidi, grazie all’acidità contenuta che la caratterizza. Un tempo prodotti principalmente nelle tipologie frizzanti e non di rado con residuo zuccherino, oggi si tende a modificare quest’uso ottenendone anche vini fermi in grado di sopportare un pur breve invecchiamento.

bibliografia (9)
autori anno titolo rivista citazione
Comitato Centrale Ampelografico 1879 Ampelografia Italiana Ministero d'Agricoltura, lit. Doyen (Torino)
Dalmasso G., Cacciatore M., Corte A. 1964 Bonarda Principali vitigni da vino coltivati in Italia - Volume III, Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste (Roma)
Demaria P.P., Leardi C. 1875 Ampelografia della provincia di Alessandria Ed. Negro, Torino.
Di Ricaldone G. A. 1972 I vini storici di Asti e del Monferrato Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Asti. Asti.
Gallesio G. 1995 I giornali dei viaggi A cura di E. Baldini. Accademia dei Georgofili, Firenze.
Gatta L. F. 1833 Cenno intorno alle viti ed ai vini della provincia di Ivrea. In: Calendario Georgico della Reale Società agraria di Torino per l'anno 1833.
Milano D. 1839 Sulle viti e sui vini della provincia biellese: memoria Tip. Rachetti ved. Caligaris. Varallo Sesia.
Nuvolone G. 1798 Sulla coltivazione delle viti e sul metodo migliore di fare e conservare i vini. Calendario georgico della Società Agraria di Torino.
Schneider A., Mannini F. 1993 Guida all'identificazione del vitigno "Bonarda Piemontese" Vignevini: Rivista italiana di Viticoltura e di Enologia 20 (9): 25-32
aggiornamento 14/11/2016 14:24:09 (8 anni fa)