Il ritrovamento della prima citazione nota fino ad ora del vitigno Mayolet si deve ad Enrico Tognan (citato da Vouillamoz e Moriondo, 2011), che nel quaderno di cantina di un vinificatore di Entrèves (Aosta), trova il riferimento ad un vino a base di Mayolet prodotto nel 1787. Qualche decennio più tardi il vitigno era ampiamente coltivato nei dintorni di Aosta e rientrava nella composizione del Torrette nella versione “vin de paille” da uve appassite (Gatta, 1838). Berget (1904), nella sua trattazione sui vitigni tipici della Valle d’Aosta, oltre a fornire una descrizione di riferimento per questa cultivar (corredata da un’immagine alquanto rispondente di foglia e grappolo), sottolinea le qualità positive del Mayolet, che per la precocissima maturazione (tre settimane almeno prima del Pinot e del Petit rouge) e per la gradevolezza dei suoi vini è consigliabile ad elevate altitudini. L’autore afferma anzi che la scarsa diffusione di questo vitigno derivasse proprio dalla sua precocità, per la conseguente impossibilità da parte dei valligiani di raccogliere le uve alla giusta maturazione, piuttosto che più tardi, ormai ammuffite, insieme agli altri vitigni a bacca nera. Descrizione ampelografica più recente è quella redatta da Moriondo (1999).
La sua precocità trova tra l’altro spiegazione nell’origine genetica del Mayolet (Vouillamoz e Moriondo, 2011), in quanto semenzale del Prié blanc (la storica Agostenga), anch’essa tra le prime uve a maturare.