Dai riferimenti bibliografici comprendiamo che la Nascetta è comparsa alla cronaca storica in tempi relativamente recenti, non prima dell’ultimo quarto dell’Ottocento, e che è stata sempre di coltivazione molto limitata, circoscritta a Novello e pochi comuni limitrofi nelle Langhe in provincia di Cuneo (Commissione Ampelografica Provincia di Cuneo, 1879). Ma mentre per molte cultivar del passato i giudizi erano piuttosto severi quanto a valore qualitativo, non così per la Nascetta, di cui il conte di Rovasenda lasciò traccia nei suoi appunti come di un’“uva delicatissima e vino squisito” (Di Rovasenda, 1824-1913) e non meno entusiasticamente Lorenzo Fantini nel 1895 riteneva “per finezza di gusto subito dopo il moscatello … l’uva [di Nascetta] è squisita al gusto e dà vino eccellente”, ponendola, insieme ai locali Moscatello, Rossese e Malvasia, tra i bianchi capaci di dare “vini di lusso”.
Dopo un periodo di oblio, bisogna giungere a qualche decennio or sono perché tecnici e viticoltori cominciassero a guardare alla Nascetta con interesse, facendola oggetto di sperimentazioni per una riproposta in coltura (Macaluso e Mannini, 1993).
Quanto alla sua presunta origine e storia, nulla è dato di sapere con precisione se non che esaminando una ventina di regioni del genoma di un centinaio di vitigni italiani e internazionali, la Nascetta si colloca nel gruppo dei vitigni piemontesi, parendo vicina geneticamente alle cultivar minori proprie del Saluzzese o del Roero, per cui si può ipotizzare che, se non proprio originaria di queste zone, deve aver qui coesistito da tempo (Schneider, 2011).