La storia di questo vitigno dal nome curioso, tipico dell’Astigiano piemontese, non pare andare indietro nei secoli, visto che le prime citazioni risalgono ai primi decenni del 1800. Nel 1834, infatti, il celebre pomologo conte Giorgio Gallesio incontra il ‘Roché’ a Portacomaro (Asti) nel corso dei suoi viaggi di ricognizione delle varietà di frutta allora coltivate (Gallesio, 1995). Per trovare altre tracce di questo vitigno è opportuno sapere che un tempo era chiamato Moscatellina (o Moscatellino), nome con cui è stato recuperato nelle aree della provincia di Alessandria contigue a quelle dove è presente il Ruché (Schneider et al., 2003).
Un Moscatellino fu infatti osservato da Giorgio Gallesio a Valenza Po (Alessandria) nel 1831, durante un altro suo sopraluogo (l.c.), mentre per la stessa zona esiste una citazione ancora più antica anche se dubbia: Giuseppe Acerbi nel 1825 riportò tra le uve coltivate “nel Circondario di Valenza” un 'Moscatello raro' di cui però non possiamo essere certi che corrisponda alla Moscatellina o Ruché. Sembra comunque che le due denominazioni di questo vitigno fossero già all'epoca differenti tra le due zone di coltura: a occidente nell’Astigiano Ruché, ad oriente nell’Alessandrino Moscatellina. Il primo nome pare scomparire in seguito dai testi storici, mentre rimane traccia della Moscatellina-Moscatellino, forse da identificarsi con il ‘Moscatellino rosso’ descritto da Demaria e Leardi (1875) come un vitigno coltivato in discrete proporzioni nel Casalese.
Le caratteristiche ampelografiche del Ruché sono state messe in evidenza nella monografia sui vitigni piemontesi (Schneider et al., 2006) che, in mancanza di altre complete descrizioni anteriori, va considerata come quella di riferimento ed è pertanto riportata sul sito del Registro Nazionale (http://catalogoviti.politicheagricole.it/catalogo.php).