Barbarossa (di Finale): informazioni generali

informazioni generali gestite da Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante - CNR
come citare questa fonte Schneider A., Torello Marinoni D., Raimondi S., 2013. Barbarossa (di Finale). In: Italian Vitis Database, www.vitisdb.it, ISSN 2282-006X
ringraziamenti Ager Foundation, Regione Piemonte, Regione Liguria
informazioni botaniche
nome
Barbarossa (di Finale)
tipo di origine
spontanea
specie
Vitis vinifera
gruppo di varietà
non disponibile
genere
Vitis
sottospecie
sativa
vitigno da
vino, tavola
codice
IVD-var_199
registrazione
iscritto al Registro Nazionale delle Varietà di Viti
no
sinonimi
nessun sinonimo disponibile per Barbarossa (di Finale)
cloni omologati
immagini
  • germoglio
    germoglio
  • foglia
    foglia
  • grappolo
    grappolo
  • acino
    acino
Riferimenti storici

Anche se con il nome di Barbarossa vengono indicate oggi come un tempo varietà diverse, ad uva da tavola e da vino, che hanno in comune il solo colore rosso o rosso-verdastro dell’uva, la Barbarossa forse più famosa è quella tratteggiata dal conte Giorgio Gallesio nella sua Pomona (1817-1839). Famosa non tanto perché all’epoca la più diffusa, quanto per la bellissima immagine realizzata da Domenico Delpino nel 1828. La Barbarossa che qui presentiamo, proveniente dal Finalese in provincia di Savona, corrisponde al vitigno descritto da Gallesio, che a fine Ottocento era presente nella Riviera del Ponente ligure (Commissione Ampelografica Provinciale di Portomaurizio, 1881). Per la verità le prime citazioni ad un’uva Barbarossa vanno riferite alla Toscana ad opera del Soderini (1590), confermate un paio di secoli più tardi dal Trinci (1726), ma riferimenti storici a vitigni con questo nome compaiono in molte altre regioni italiane tra cui Piemonte, Emilia-Romagna, Puglia. Mentre Gallesio riteneva la Barbarossa finalese identica a quella toscana e piemontese, sappiamo che essa è sicuramente distinta dalla Barbarossa dell’Astigiano, un tempo una delle uve da tavola più apprezzate in Piemonte, e probabilmente diversa anche da quelle toscana, romagnola e pugliese. Per la verità quello delle Barbarossa, diffusamente presenti in svariate regioni, è un caso di omonimia complesso che compromette spesso la possibilità di comprendere a quali dei vitigni storici a frutto rosso appartengono le uve Barbarossa attuali. 

diffusione & variabilità

Oltre ad omonime Barbarossa in regioni diverse d’Italia, perfino nella stessa area viticola coesistono vitigni ad uva rossa denominati in modo simile, oggi di limitata o limitatissima coltivazione, di solito per il consumo famigliare. Nella sola Liguria, ad esempio, è stata recuperata una cultivar che ricorda (ma ne è distinta) il Barbaroux provenzale; con il nome di Barbarossa verduna è stato individuato, sempre in Liguria, il Grec rouge francese (Grisa rossa piemontese o Cipar croato), mentre nella Liguria orientale prende per errore il nome di Barbarossa il Bonamico dell’Alta Toscana, che ha uva in realtà nero-violetta.

La coltivazione della Barbarossa di Finale qui descritta, un tempo diffusa nella regione, è attualmente limitata a qualche ettaro nel Savonese. Si tratta di un vitigno per ora non iscritto al Registro nazionale.

utilizzazione tecnologica

Se il conte Gallesio elogiava i pregi della Barbarossa finalese come uva da mensa e da serbo, ma anche per il vino che era tra i più ricercati sul litorale ligure, la poca uva prodotta attualmente è stata oggetto di sperimentazioni per la vinificazione in purezza non senza risultati interessanti. Se ne può ottenere un rosato dal colore tenue, abbastanza attraente, ma poco stabile. La vinificazione in bianco appare più indicata, dando un prodotto apprezzato anche a distanza di un anno dalla vinificazione e per la buona acidità si presta anche alla spumantizzazione (V. Gerbi, comunicazione personale). 

Tuttavia, incoraggiati dalle considerazioni di Giorgio Gallesio, che sottolineava l’eccezionale serbevolezza della Barbarossa in fruttaio, una delle poche uve che “si conserva intatta sino alla primavera….. e mantiene sino all’ultimo una polpa fresca e piena di sugo, e una buccia liscia e colorita come quando si coglie”, siamo propensi a riproporre la produzione locale di Barbarossa anche come uva da mensa “a chilometro zero”, offrendola sui mercati delle locali città, dove potrebbe spuntare prezzi di tutto rispetto.

bibliografia (4)
autori anno titolo rivista citazione
Commissione Ampelografica Provinciale di Porto Maurizio 1881 Lavoro ampelografico della Commissione di Porto Maurizio Bullettino Ampelografico, fascicolo XV: 57-84.
Gallesio G. 1839 Pomona italiana, ossia trattato degli alberi fruttiferi. Capurro N., Pisa, 1817-1839
Soderini G. V. 1590 Trattato della coltivazione delle viti e del frutto che se ne può cavare Edizione del 1622, Giunti Ed. Firenze.
Trinci C. 1726 L'Agricoltore sperimentato, ovvero regole generali sopra l'agricoltura, coltivazione delle viti, degli alberi, ecc. Marescandoli, Lucca, 1726 - Venezia, 1778.
aggiornamento 25/06/2015 12:44:33 (9 anni fa)