Tralasciamo volutamente in questa breve nota i riferimenti ai pregiati vini ‘Rocesi’ liguri che datano anche al principio del XV secolo: le ipotesi sulle varietà di vite all’origine di questi vini sono difficilmente verificabili. Anche considerando le diverse uve a bacca bianca denominate ‘Rossese’ o con termini simili, tipiche del territorio ligure, troviamo descrizioni spesso discordanti tra autore e autore; è quindi probabile che il nome di ‘Rossese’ fosse stato assegnato a vitigni differenti in aree distinte del territorio ligure (Schneider e Raimondi, 2014). A fronte della difficile attribuzione di queste citazioni e delle descrizioni ottocentesche, abbiamo però un riferimento storico locale che va certamente ricondotto al vitigno qui presentato e che risale al 1736: in un atto deliberativo del 6 gennaio di quell’anno, nella Corte di Arcola (SP), viene affermato che “…al mese d’ottobre si stilla la sua paniera di rocese ogni persona…” indicando poi l’impiego del vino ottenuto da questa pigiatura per fare dei presenti e per impieghi speciali, quali la celebrazione eucaristica (Archivio Storico del Comune di Arcola, ricerca storica di Giorgio Neri). Anche il conte Giorgio Gallesio, finalese, quando in un appunto dei suoi Giornali dei Viaggi (1995), trovandosi a Castelnuovo Magra (SP) afferma della Rossese da lui qui osservata: “...mi pare la Rossese di Finale, ma imbarazza a riconoscerla.”, stava forse osservando il vitigno qui trattato. Sempre ad esso potrebbe riferirsi la scarna descrizione pubblicata sul XV volume del Bollettino Ampelografico (Commissione Ampelografica della provincia di Massa-Carrara, 1881) riguardante un vitigno chiamato ‘Razzese di Massa’, del quale si riporta il sinonimo ‘Rozzese della riviera Ligure’, il cui vino era considerato “eccellente per la sua fragranza particolare”.