Nel manoscritto "Ricordi al padrone e doveri da manenti", che un coltivatore della Valgraveglia (C. Garibaldi) scrisse fra il 1802 e il 1822, si legge: "non ti scordar la Moscatella, Vermentino e Cimixiaro che la fan migliore. [...] Ma le migliori di sapori, che però ne fan poca, sono le Moscatelle, che van coltivate al sole e non confuse colle altre vigne perché seccano, Vermentino, Cemixiaro, Boccadoro, Augustana". E’ possibile che questa sia la prima citazione per lo Scimiscià. In anni successivi il particolare nome di questa varietà viene italianizzato in ‘Cimiciatolo’ o similari, portando spesso il vitigno ad essere assimilato ad un’omonima varietà toscana, la Volpola o Cimiciattola; a dire il vero la descrizione che di questa varietà fa il Trinci (1726) potrebbe ben corrispondere con la morfologia dello Scimiscià, ma la mancanza di riferimenti moderni non ci rende possibile determinare se si tratti di omonimia o identità; se quest’ultima ipotesi fosse vera, la prima citazione di quest’uva potrebbe essere addirittura quella delle ‘Cimiciattole’ citate nella novella CLXXVII di Franco Sacchetti (1399).
Il sinonimo Frappelao (Frate pelato) da noi riscontrato nelle Cinque Terre pare fosse un tempo attribuito ad un altro vitigno, detto anche Tondorese, a frutto nero (Guidoni, 1825).