Si deve al Gatta l’aver menzionato per la prima volta dei Neretti in Valle d’Aosta (1838), che distingue in tre tipi: Neret rare (ovvero spargolo), Neret gros serré (grosso compatto) e Neret picciou serré (piccolo compatto). Difficile è oggi stabilire se egli avesse allora osservato fenotipi diversi di uno stesso vitigno o vitigni distinti, e se questo o questi fossero diversi dai Neretti coltivati nel vicino Canavese in provincia di Torino che tuttavia, a parer suo, presentavano rispetto a quelli valdostani caratteristiche distintive come pure comuni.
Oggi parrebbe che un unico Neretto sia stato coltivato in Valle d’Aosta, visto che un’indagine accurata sul territorio ha portato a individuare tra numerosi ceppi recuperati lungo la valle da Gressan (a monte di Aosta) a Donnas (in bassa valle) un unico genotipo ad esso riconducibile (Vouillamoz e Moriondo, 2011). Gli autori di questa ricerca battezzarono il vitigno così recuperato “Neretto di Saint Vincent”, ma il confronto del profilo genetico da loro pubblicato (Moriondo et al., 2008) e dei principali caratteri morfologici ci fa affermare che quel genotipo corrisponde al Neyret incluso nel Registro delle Varietà di Vite, autorizzato alla coltura in Valle d’Aosta e descritto da Dalmasso e Reggio (1965). Abbiamo recuperato lo stesso vitigno nei pressi di Arnad (o Arnaz) e per questo chiamato l’accessione qui descritta e conservata in collezione come Neretto di Arnaz, ben corrispondente morfologicamente al Neyret.
Secondo Vouillamoz e Moriondo (l.c.) il Neretto valdostano sarebbe un discendente del Petit rouge (per la precisione un semenzale del Rouge du pays, oggi presente solo più nel Vallese svizzero, a sua volta figlio del Petit rouge) appartenendo dunque geneticamente al gruppo dei vitigni alpini di matrice vallesana-aostana.