Chatus: informazioni generali

informazioni generali gestite da Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante - CNR
come citare questa fonte Schneider A., Torello Marinoni D., Raimondi S., 2014. Chatus. In: Italian Vitis Database, www.vitisdb.it, ISSN 2282-006X
ringraziamenti Ager Foundation, Regione Piemonte
informazioni botaniche
nome
Chatus
tipo di origine
spontanea
specie
Vitis vinifera
gruppo di varietà
non disponibile
genere
Vitis
sottospecie
sativa
vitigno da
vino
codice
IVD-var_53
registrazione
iscritto al Registro Nazionale delle Varietà di Viti
si
codice
379
nome ufficiale
Chatus N.
sinonimi
sinonimi accertati (4)
sinonimi accertati dall'Istituzione che compare con eventuale supporto bibliografico
  • Nebbiolo (di Dronero) (Cuneo province)
  • Bourgnin (Saluzzese, Cuneo province)
  • Neirét (Pinerolese, Torino province)
  • Brunetta (Valle di Susa, Torino province)
denominazioni errate (2)
denominazioni errate indicate dall'Istituzione che compare con eventuale supporto bibliografico
  • Scarlattin (Valle di Susa, Torino province)
  • Brachét (Canavese, Torino province)
cloni omologati
immagini
  • germoglio
    germoglio
  • foglia
    foglia
  • grappolo
    grappolo
  • acino
    acino
Riferimenti storici

Il nome adottato per questo vitigno anche in Italia è il sinonimo francese (Schneider et al., 2001), che non solo è quello indicato nella prima citazione conosciuta, ma anche quello che, come vedremo, evita qualunque confusione. Lo Chatus è infatti coltivato da molto tempo in Francia e in Italia sui due versanti delle Alpi Occidentali. Il primo noto riferimento storico è nel famoso Théâtre d’Agriculture di Olivier de Serres (1600), dove lo Chatus è menzionato insieme ad altri vitigni. Originario secondo alcuni della Maurienne, a fine Ottocento la sua coltura si estendeva in Francia su di un territorio che andava dalla Savoia al Massiccio centrale, sempre su terreni magri e scistosi privi di calcare, dove era la cultivar dominante in un ambiente colturale di montagna modellato da un mirabile intreccio di muri a secco sospesi sulle valli a seguire le curve di livello (Couderc, 1902).

E’ probabile che lo Chatus fosse un tempo alquanto diffuso anche in Piemonte, perchè come vitigno oggi minoritario lo si trova,  se pure con denominazioni diverse, lungo tutto l’arco alpino dal Monregalese (ai confini con l’Appennino Ligure) alla Val d’Ossola (Schneider e Bronzat, 1991). Con il nome di Bolgnino e di Nebbiolo di Dronero (o semplicemente di Nebbiolo) era stato descritto e ricordato per la resistenza alla botrite, il colore intenso e la corposità del vino (Di Rovasenda, 1902; Arrigo, 1910). Qualche decennio prima i bollettini redatti dalle Commissioni ampelografiche provinciali segnalavano l’ampia coltura del Bolgnino nel circondario di Saluzzo e del sinonimo Neretto (localmente Neirét)  nel Pinerolese (Commissione ampelografica provincia di Cuneo, 1879; Provana di Collegno, 1881). I riferimenti storici ad una Brunetta o Scarlattin in Val di Susa e ad un Brachèt nel Canavese vanno sempre attributi allo Chatus, che ancora oggi è stato recuperato in quei luoghi con questi nomi.

diffusione & variabilità

Se pure oggi vitigno minore, lo Chatus è diffuso su di un territorio abbastanza vasto della fascia montana o pedemontana alpina occidentale, sempre su suoli poveri, acidi e scistosi, dove il vigore, la rusticità e le caratteristiche fenologiche ne favoriscono un buon adattamento. E’ oggi oggetto di un certo rilancio, soprattutto in Francia, dove se ne contano 64 ha (statistiche 2011 da Plantgrape: http://plantgrape.plantnet-project.org/cepage/Chatus%20N). In Italia la superficie interessata conta meno di 10 ettari, tutti in Piemonte ai piedi dell’arco alpino.

Una variante somatica con buccia dell’acino quasi sprovvista di pruina e dunque di un nero profondo, in Francia definita nel passato Mouret, è stata ritrovata anche in Italia, dove storicamente era chiamata Nebbiolo pairolé da “paiolo”, la pentola che il fumo del fuoco annerisce alla base.

utilizzazione tecnologica

I vini in purezza, non privi di personalità, sono molto ricchi di estratto e pertanto longevi, mentre nei tagli con altre uve lo Chatus apporta zuccheri, colore, polifenoli ed una buona acidità. Il pH del mosto di questa cultivar tardiva è sempre basso, a indicare una rilevante energia acida.  Tipico di una viticoltura montana o pedemontana, questo vitigno rappresenta in Francia come in Piemonte uno degli elementi su cui basare il rilancio di prodotti enologici originali, strettamente legati al territorio alpino.

bibliografia (8)
autori anno titolo rivista citazione
Arrigo T. 1910 Ampelografia. Viticoltura ed enologia sovrattutto nella provincia di Cuneo manoscritto, Vol. VI, Biblioteca Civica di Saluzzo.
Commissione ampelografica della provincia di Cuneo. 1879 Elenco e qualità dei vitigni coltivati nella provincia di Cuneo. Bullettino ampelografico, XI, 311-353.
Couderc G. 1902 Chatus In: Viala P., Vermorel V. Ampélographie. Tome III, Masson (Paris)
De Serres O. 1600 Le théâtre d'agriculture et mésnage des champs I. Metayer (Paris)
Di Rovasenda G. 1902 Bolgnino In: Viala P., Vermorel V. Ampélographie. Tome III, Masson (Paris).
Provana di Collegno L. 1881 Viticoltura ed enologia nel territorio di Cumiana (circondario di Pinerolo). Bullettino Ampelografico, XIV: 9-21.
Schneider A., Bronzat F. 1991 ‘Neretti’ del Piemonte: I. ‘Neiret’, ‘Nebbiolo di Dronero’ o ‘Bolgnino’. Quad. Vitic. Enol. Univ. Torino, 15: 131-141.
Schneider A., Carra A., Akkak A., This P., Laucou V., Botta R. 2001 Verifying synonymies between grape cultivars from France and Northwestern Italy using molecular markers. Vitis 40, 4, 197-203.
aggiornamento 16/11/2016 14:07:34 (8 anni fa)