Trebbiano Romagnolo: informazioni generali

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come citare questa fonte Filippetti I., Pastore C., Fontana M. - 2014 - Trebbiano Romagnolo. In: Italian Vitis Database, ISSN 2282-006X
informazioni botaniche
nome
Trebbiano Romagnolo
tipo di origine
spontanea
specie
Vitis vinifera
gruppo di varietà
non disponibile
genere
Vitis
sottospecie
sativa
vitigno da
vino
codice
IVD-var_218
registrazione
iscritto al Registro Nazionale delle Varietà di Viti
si
codice
242
nome ufficiale
Trebbiano Romagnolo
sinonimi
nessun sinonimo disponibile per Trebbiano Romagnolo
cloni omologati (9)
immagini
  • germoglio
    germoglio
  • foglia
    foglia
  • grappolo
    grappolo
Riferimenti storici

Un gran numero di vitigni condivide il nome Trebbiano, spesso accompagnato da un nome geografico che dovrebbe indicare il luogo di origine o di maggior diffusione. Il Trebbiano romagnolo è un vitigno a bacca bianca che tendenzialmente produce un vino leggero da consumarsi giovane. Molto probabilmente la diffusione, in Romagna, risale ai periodi Etrusco e Romano, quando i colonizzatori impiantarono vitigni dopo la bonifica e l’appoderamento delle terre. Qualcuno lo dice originario dell'agro trebulano, citato da Plinio il Vecchio che, nella sua Naturalis Historia, mette in rilievo il pregio del vino Trebulanum, prodotto nell'agro omonimo e arrivato sul mercato nel periodo di Nerone.

Altri fanno derivare il nome da trebula (=casale o fattoria), con cui si indicava un vino non necessariamente anche un vitigno. Il termine Trebbiano, quindi, poteva indicare un vino bianco locale, 'paesano' o 'casereccio', prodotto nei vari poderi o fattorie di campagna per l'uso degli stessi contadini.

Nel periodo dell'Impero Romano era chiamato "vino dei legionari" in quanto non appagava i gusti dei raffinati bevitori dell'impero, mentre era apprezzato dagli uomini dell'esercito.

Nel Trecento Pier De Crescenzi scriveva : “C’è un'altra specie di uva, detta Tribiana, che è bianca con acini tondi, piccoli ed abbondanti, che in giovane età non dà frutto ma crescendo diventa feconda”.

Andrea Bacci, enologo e medico di Papa Sisto V, nella sua opera "De naturali vinorum historia" (1596) racconta della presenza in Abruzzo di un vino ottenuto da uve Trebulanum sin dal XVI secolo.

Il Gallesio, nella sua Pomona Italiana (1831), pur descrivendo solo il Trebbiano fiorentino, ricorda che in Italia esistono numerosi e differenti Trebbiani e cita anche “quello che forma il fondo delle vigne della Romagna”.

La moltitudine dei Trebbiani traspare molto bene anche nell’Ampelografia del conte di Rovasenda, che ci dice: “Dal Tortonese, anzi dall’Alessandrino scendendo sino alle ultime Romagne s’incontrano uve coltivate sotto il nome di Trebbiano che non sono certamente tutte identiche fra di loro” e tra gli altri cita il Trebbiano della fiamma e il Trebbiano dell’occhio, tipici dell’areale di Cesena.

Interessante anche quanto si legge, in merito alle uve del Circondario di Forlì, sul fascicolo X del Bullettino Ampelografico: “Il trebbiano è l’eccellente fra i vini bianchi; ad esso accennava fin dal secolo decimoterzo l’agronomo illustre di Bologna Piero de’ Crescenzi. Due sottovarietà ben distinte di trebbiano si coltivano in Romagna; l’una più amante del colle è detta trebbiano montanaro a Forlì, a Civitella, a Predappio, a Bertinoro, a Terra del Sole; mentre si chiama trebbiano gentile a Meldola…. L’altra sottovarietà dicesi trebbiano della fiamma a Forlì, a Predappio, a Cesena, a Faenza, e somiglia al pagadebito di Fermo, derivando il suo nome, secondo l’egregio Caldesi, dal colore della buccia giallo-rossastra, o più cupamente tinta in rosso-mattone” (Ministero d’agricoltura, industria e commercio, 1879)

A inizio Novecento il Molon ci offre una mirabile sintesi delle denominazioni di Trebbiano delle varie aree d’Italia, anche se non è facile capire quali possano essere sinonimi e quali nomi di varietà distinte: probabilmente il comune denominatore sono la produttività e la rusticità di questi vitigni (Molon, 1906).

Negli anni venti del Novecento, il dott. Bazzocchi, della Cattedra ambulante di Forlì, presenta una descrizione di alcuni vitigni rappresentativi dell’area e propone la scheda di tre trebbiani, Trebbiano della fiamma, ricercato anche per il consumo da mensa, perché dolce e serbevole, il Trebbiano di Solarolo, considerato il più pregiato dei tre, e il Trebbiano montanaro (Bazzocchi, 1923).

 Negli anni ’70 ritroviamo, poi, una presentazione del Trebbiano romagnolo fatta dal conte Giovanni Manzoni, che ci riferisce che in passato era detto anche: “Giallo di Romagna o Trebbiana. Vitigno antichissimo rigoglioso, molto produttivo e coltivato in tutta la Romagna. Vinificato dà un buon vino da pasto di color giallo dorato o paglierino più o meno intenso, di sapore asciutto, gradevole, talvolta, leggermente acidulo, amabile e frizzante” (Manzoni, 1977).

 

 

diffusione & variabilità

Il Trebbiano romagnolo è stato in Romagna il grande protagonista dei Piani verdi degli anni ’60, quando dalla “Piantata” a tutori vivi, si passò alla “Pergoletta romagnola” con tutori morti (pali di legno e/o cemento).

Il Trebbiano romagnolo, grazie anche alle sue elevate doti di rusticità e produttività, viene ancora utilizzato nei reimpianti dei vigneti e a tutt’oggi è il vitigno più coltivato in Emilia-Romagna (quasi 16 mila ettari).

Il mercato vivaistico offre una gamma di nove cloni omologati e attualmente si sta lavorando per l’ottenimento di nuovi cloni volti a valorizzare anche gli aspetti qualitativi delle uve di tale vitigno che nel passato erano stati poco considerati. 

utilizzazione tecnologica

Le uve di Trebbiano Romagnolo rientrano in molte DOC e IGT (Italia del Nord, Sardegna, Lazio) ma questo vitigno è maggiormente diffuso in Emilia Romagna e in particolare in provincia di Ravenna.

 

 Se le uve Trebbiano Romagnolo sono vinificate in purezza producono dei vini dal colore giallo paglierino, neutri dal punto di vista aromatico. Al gusto il vino non presenta una grande struttura ma mostra in giovane età una spiccata freschezza. Per questo motivo il vitigno è utilizzato anche per la produzione di vini spumanti o brandy.

bibliografia (8)
autori anno titolo rivista citazione
Bacci A 1595 De naturalis vinorum historia de vinis italie et de conviviis libri VII. Roma
Baldini Enrico 1995 Giorgio Gallesio. I giornali dei viaggi. Trascrizione, note e commento di Enrico Baldini. 1
Bazzocchi A. 1923 Ampelografia dei vitigni romagnoli. Premiata Cooperativa Tipografica Forlivese, Forlì.
De Crescenzi P. 1851 Trattato della agricoltura. 1300 Traslato dalla favella fiorentina dallo ‘N ferigno. Verona, Tip. Vicentini e Franchini
Di Rovasenda G. 1877 Saggio di una ampelografia universale. Tipografia Subalpina, Torino.
Manzoni G. 1977 La vite, l’uva e il vino dei nostri vecchi. Imola, Grafiche Galeati
Molon G. 1906 Ampelografia. vol. II - Hoepli, Milano.
Plinio il Vecchio 1668 Naturalis historiae libri XXXVII. Ed. Lugd. Batav. Roterodami apud Hakios.
aggiornamento 14/06/2015 12:05:25 (9 anni fa)