Nebbiolo: informazioni generali

informazioni generali gestite da Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante - CNR
come citare questa fonte Schneider A., Boccacci P., Raimondi S., 2014. Nebbiolo. In: Italian Vitis Database, www.vitisdb.it, ISSN 2282-006X
ringraziamenti Ager Foundation, Regione Piemonte
informazioni botaniche
nome
Nebbiolo
tipo di origine
spontanea
specie
Vitis vinifera
gruppo di varietà
non disponibile
genere
Vitis
sottospecie
sativa
vitigno da
vino
codice
IVD-var_146
registrazione
iscritto al Registro Nazionale delle Varietà di Viti
si
codice
160
nome ufficiale
Nebbiolo N.
sinonimi
sinonimi ufficiali (3)
sinonimi riportati nel Registro Nazionale delle Varietà di Vite
  • Spanna (Province di Novara e Vercelli)
  • Chiavennasca (Valtellina (Sondrio))
  • Prunent (Val d'Ossola (Verbano-Cusio-Ossola))
sinonimi accertati (4)
sinonimi accertati dall'Istituzione che compare con eventuale supporto bibliografico
  • Spanna (Province di Novara e Vercelli)
  • Chiavennasca (Valtellina (Sondrio))
  • Prunent (Val d'Ossola (Verbano-Cusio-Ossola))
  • Picotendro (Valle d'Aosta)
cloni omologati
immagini
  • germoglio
    germoglio
  • foglia
    foglia
  • grappolo
    grappolo
  • acino
    acino
Riferimenti storici

Senza dubbio uno dei più noti vitigni storici italiani, il Nebbiolo viene citato per la prima volta nel 1266 (la data è stata stabilita con certezza solo recentemente da J. Vouillamoz), cosa che lo rende tra le varietà attestate da maggior tempo. In Piemonte solo il Gragnolato (un vitigno ad uva bianca forse oggi scomparso) vanta citazioni più antiche. Il “Nibiol” nel documento storico duecentesco è presente nei vigneti della Castellania di Rivoli, presso Torino. Pochi decenni dopo (a inizio Trecento) la sua diffusione appare già piuttosto ampia e va dall’area albese e roerina ai dintorni di Asti (De Crescentiis, 1309) fino alla Val d’Ossola (col sinonimo Prunent), mantenendo però sempre una presenza ben documentata nell’attuale provincia di Torino (Comba e Dal Verme, 1990). Risale alla fine del ‘500 la presumibile prima citazione in Valtellina in provincia di Sondrio (segnalazione di D. Zoia), tuttora rinomata zona di coltura alpina.

Tale frequente ricorrenza in testi storici relativamente antichi indica come il Nebbiolo dovesse non solo essere considerato all’epoca varietà di pregio (visto che solo i vitigni nobili meritavano una denominazione nei testi scritti), ma anche come la sua espansione colturale nell’Italia nord-occidentale fosse nel passato rilevante. Non se ne trovano tracce in altre aree viticole italiane e straniere, se non alquanto sporadiche e sempre a partire dal XIX secolo.

E’ solo  dall’Ottocento che il vino Nebbiolo si afferma con la tipologia di vino fermo e austero su cui si basa il suo attuale successo e che sostituì un Nebbiolo dolce e frizzante in voga in precedenza. In questi ultimi territori il Nebbiolo è base dei vini di Lessona, Ghemme e Gattinara, la cui rinomanza risale ad alcuni secoli addietro. Nella sua trattazione del Nebbiolo, Giorgio Gallesio (1817-39) lo indica infatti come “Nebbiolo canavesano”, e lo dice il “vitigno principe della falda dell’Alpe”, a sottolineare la particolare vocazione alla coltura dei territori a nord del Po. 

diffusione & variabilità

Il Nebbiolo è attualmente coltivato in Italia su circa 5500 ha. A parte qualche sporadica presenza nel Nord-est (quanto indicato in Sardegna non è Nebbiolo bensì Dolcetto), le maggiori superfici si concentrano nella provincia di Cuneo (Albese e Roero), con poco meno di 4000 ha, nella bassa Val d’Aosta e nel Nord Piemonte (province di Torino, Biella, Vercelli, Novara e Cusio-Ossola) con 500 ha circa e nella provincia di Sondrio (Valtellina) con 800 ha. In altre parti d’Europa il Nebbiolo non è praticamente coltivato, mentre se ne registrano piccole superfici (400 ha in tutto) nel nuovo mondo, tra cui USA, Messico, Australia e Sud-America.

Il Nebbiolo annovera un gran numero di sinonimi locali nel nord-Italia, i più importanti dei quali sono: Chiavennasca in Valtellina, Prunent in Val d’Ossola, Picotendro (o Picoltener) nella bassa Val d’Aosta, Spanna nel Biellese, Vercellese e Novarese. In queste province è la Croatina ad esser chiamata Nebbiolo, cosa che può ingenerare non poca confusione. Nel Piemonte sud-orientale è invece il Dolcetto ad essere denominato Nibiò, tradizione che perdura dal passato in alcune zone.

Ai piedi delle Alpi occidentali,  nei vecchi vigneti ormai in via di abbandono allo sbocco delle vallate, sono stati recuperati alcuni distinti Nebbioli, come il Nebbiolo d’Antom, il Nebbiolo scarlatin, il Nebbiolo di Aisone dall’omonima località di tradizionale coltura. Si tratta di omonimi Nebbioli che non hanno più alcuna importanza colturale. L’unico dalla notorietà poco più che locale era il cosiddetto Nebbiolo di Dronero, che è risultato corrispondere al Neiret pinerolese o Bourgnin, oggi coltivato come Chatus (la denominazione francese).

Tutte le presunte sottovarietà del Nebbiolo distinte dai viticoltori albesi, tra cui Lampia, Bolla, Michet e Rosé (Dalmasso et al., 1959) si devono ricondurre ad un unico genotipo, tranne nel caso del Nebbiolo rosé, corrispondente al Chiavennaschino valtellinese, che si è dimostrato essere un vitigno distinto se pure imparentato con il Nebbiolo. Freisa, Vespolina ed altre cultivar minori sono pure legate al Nebbiolo da relazioni di parentela (Schneider et al., 2006).

utilizzazione tecnologica

Il Nebbiolo dà vini di grande potenza , complessità olfattiva ed eleganza, tra i più apprezzati al mondo. La sua importante struttura richiede tempi di affinamento in legno più o meno prolungati,  in ordine crescente dai vini prodotti nel Roero, a Barbaresco e Barolo, ai vini del nord Piemonte Lessona, Gattinara e Ghemme. La dotazione di colore delle uve Nebbiolo non è mai abbondante e nel profilo antocianico predominano cianina e peonina: pertanto i vini in purezza non presentano mai il colore intenso e violaceo dei più noti bordolesi, bensì intensità e tonalità cromatiche assai diverse. Nel nord-Piemonte si associano al Nebbiolo, in proporzioni più o meno importanti ma sempre minoritarie, Vespolina e/o Croatina, cultivar dalle elevate dotazioni di colore. Non mancano infine esperienze di vinificazione di uve Nebbiolo in rosato e perfino l’ottenimento di spumanti. 

bibliografia (4)
autori anno titolo rivista citazione
Comba R., Dal Verme A. 1990 Repertorio di vini e vitigni diffusi nel Piemonte medievale Vigne e vini nel Piemonte medievale. Ed. L'Arciere, Cuneo.
Dalmasso G., Dell’Olio G., Corte A. 1962 Nebbiolo. In: Principali vitigni da vino coltivati in Italia. MAF, Roma, Tomo II, 37.
de Crescentiis P. 1309 Opus ruralium commodorum Ristampa anastatica dell'edizione di Strasburgo del 1486. Biblioteca internazionale "La Vigna", Vicenza.
Schneider A., Torello Marinoni D., Boccacci P., Botta R. 2006 Relazioni genetiche del vitigno ‘Nebbiolo’. Quad. Vitic. Enol. Univ. Torino, 28, 93-100.
aggiornamento 16/11/2016 14:59:37 (8 anni fa)