Il termine Trebbiano è usato per identificare un'intera famiglia di vitigni, forse la più grande e diversificata fra quelle conosciute, tanto da raccogliere varietà che non hanno generalmente alcuna affinità fra loro. Sembra che l'origine dei Trebbiani sia antichissima: già Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia cita un vinum trebulanum prodotto “in agro Trebulanis”, ovvero nei dintorni di Capua. Alla fine del Cinquecento Andrea Bacci asserisce, nella sua De Naturali Vinorum Historia, che il Trebbiano è da considerarsi originario dell'omonima località situata nel territorio di Luni, nell'antica Etruria settentrionale. Anche De Crescenzi (1303) parla del Trebbiano, come molti altri esperti di agricoltura tra cui Gallo (1567), Soderini (1596), Trinci (1726), e altri ampelografi italiani e stranieri dell'Ottocento e del Novecento (Reich e Vannuccini (1901). Il vitigno giunse in Francia ad Avignone nel XIV secolo con i papi. Nel 1730 è citato a Cadil in Gironda dall'abate Bellet. Il nome Ugni Blanc, con cui è conosciuto in Francia deriverebbe da eugenia (dalla nobile origine), mentre, quello in italiano dal termine medievale franco draibjo (germoglio vigoroso). Sull'origine del nome si può aggiungere l’ipotesi che lo collega ai nomi di fiumi e di località come la val Trebbia, situata sulle colline piacentine, o ai paesi chiamati Trebbo o Trebbio presenti in varie parti d’ Italia (Giavedoni e Gily 2006).
Per quanto riguarda la presenza del vitigno nella regione Lazio, Giorgio Gallesio, 1833, scrive proposito della presenza di Procanico nel territorio di Montefiascone: “La più stimata di tutte le uve è il Brocanico, ossia l’Albano degli Aretini (Trebbiano fiorentino): non vi è in grande quantità perché si dice non produca quanto le altre uve”. Mengarini , 1888 non menziona per il circondario di Viterbo nessun altro Trebbiano ad eccezione di Trebbiano giallo. Per la zona della Tuscia romana menziona tra le bianche il Procanico ed un Toscanese (che potrebbe essere Trebbiano toscano o Malvasia ndr). Infine annovera il Procanico tra le uve coltivate a Montalto, Monteromano e Tarquinia.Questa stessa situazione è descritta da Mancini, (1893) che cita la presenza di un generico Trebbiano e di Procanico nel viterbese. Norberto Marzotto, 1925, relativamente alla grande famiglia dei Trebbiani distingue due gruppi: quelli a grappolo normalmente piramidale o conico allungato e serrato e quelli a grappolo normalmente conico, alato, rado o raramente un po’ serrato. In particolare tra i sinonimi cita Procanico, Brocanico, Albana di Arezzo e Trebbianone quest’ultimo nel territorio di Velletri: “Il Trebbianone che si trova coltivato nel circondario di Velletri corrisponde al Trebbiano Toscano di cui è sinonimo.” Zucchini M., 1961, parla una presenza contemporanea nel Viterbese del Procanico (12% delle uve bianche) e di altri vitigni simili. Carosi Demostene, 1971, menziona il Trebbiano toscano (Procanico) tra quelli più coltivati nell’alto Viterbese e presente nel disciplinare di produzione del vino “Est! Est!! Est!!! di Montefiascone”.