Le prime brevi notizie circa l’uva Cascarolo le dobbiamo a Giovan Battista Croce, gioielliere di casa reale, che lo inserì tra le uve bianche della ‘montagna’ di Torino (1606).
Il ‘Cascarul’ è inoltre citato nelle brevi note del conte Nuvolone (1798) il quale afferma che il suo vino “puro è delicatissimo, ma non si conserva oltre l’anno”; egli dunque consiglia di mescolarne le uve con quelle di altre varietà quali Erbaluce, Cortese e Malvasia.
L’identità del Cascarolo storico con quello che oggi conosciamo potrebbe essere messa in dubbio dal fatto che il vitigno recuperato qualche decennio or sono sulla collina torinese non presenta quella particolare cascola degli acini che il nome e le note degli autori citati sembrano attribuirgli; l’uva presenta però un grappolo ben spargolo, che denota una certa colatura dei fiori. Inoltre una rarissima litografia ripresa da un dipinto di quest’uva risalente al 1871 (Doyen, 1882) conferma senza ombra di dubbio che il Cascarolo storico (almeno quello di fine ‘800) corrisponde a quello attuale.