Rarissime sono le informazioni storiche riguardanti questo vitigno, per il quale non è stata nemmeno depositata una descrizione ufficiale presso il Ministero. In mancanza di riferimenti al nome Durasa e se non si nasconde dietro qualche sinonimo ora non più usato, l’unico documento che potrebbe riferirsi a questa varietà è il Saggio sulle viti di Ivrea di Lorenzo Francesco Gatta (1838), quando descrive tra le viti di alcuni paesi dei dintorni di Ivrea un Duraso: tuttavia la descrizione non si adatta bene al vitigno che conosciamo specie per quanto riguarda la tomentosità della pagina inferiore delle foglie (che viene detta “lievemente tomentosa”) ed il colore del vino che se ne ricava (“poco colorito”).
Solamente Dalmasso e collaboratori, nella monografia dell’Uva rara prodotta per il Ministero (1962) accennano ad una ‘Durasa di Mezzomerico’ dicendoci che veniva indicata erroneamente come sinonimo dell’Uva rara.
Una prima descrizione, che può essere considerata anche di riferimento è quella del sinonimo ‘Bonarda (di Fabbrica Curone)’ in un libretto sui vitigni minori del Tortonese (Raimondi, 2005).