Si riferisce con tutta probabilità a questo vitigno la citazione di una ‘Bubbiola’ tra le uve coltivate nel Saluzzese ed elencate da Eandi (1835): è forse la prima citazione per questa cultivar, senza tuttavia che vi si affermi alcunché circa le sue caratteristiche. Alla fine dello stesso XIX secolo, l’interesse per la Bibiola crebbe tanto da vederla inclusa in una delle maggiori opere ampelografiche dell’epoca, Le vignoble di Mas e Pulliat (1876): questi autori dicono di averla ricevuta da le chevalier de Rovasenda; la giudicarono per la fertilità e relativa bontà di prodotto come la migliore tra le uve italiane che avevano provato in Francia, benché il Rovasenda stesso non le avesse dedicato che un cenno nel suo Saggio (1877). Visto l’apprezzamento di questi autori, alla Bibiola fu dedicata una monografia anche nell’Ampelographie di Viala e Vermorel (1901-10). In seguito, però, complice anche l’evoluzione del mercato verso prodotti di qualità crescente, l’interesse per questo vitigno andò scemando e la Bibiola non comparve più in opere successive.