Ci sentiamo di escludere che una delle prime menzioni ad un Neretto in terra piemontese, risalente all’inizio del 1600 ad opera di G.B. Croce (1606), si riferisca a questo vitigno che presenta bacche di forma ben ellissoidale, così diverse da “li grani tondi” a cui accenna il Croce. Un primo riferimento certo a questa cultivar è quello fatto dal medico eporediese Lorenzo Francesco Gatta (1833), nella cui descrizione del Neretto di S. Giorgio (o Neret gros, cioè Neretto grosso) possiamo riconoscere il vitigno qui trattato e che per primo lo distingue da numerosi altri Neretti del Canavese (Torino). Informazioni successive a quest’opera sono molto scarse e anche il Di Rovasenda (1877) non aggiunge altre notizie, se non che il vitigno era descritto ed illustrato nell’Ampelografia subalpina del Bonafous, opera andata perduta.