La “Vite Moradella” è la prima tra le varietà elencate da Paolo Lavezzari, annotatore milanese degli Elementi d’Agricoltura di Lodovico Mitterpacher (1784); egli dice che “rende famose le colline di S. Colombano, fa uva nera, di sapor dolce, e preziosissima non meno per mangiare, che per far vino, e si stagiona durante l’inverno.”
Anche Giorgio Gallesio, trattando del’‘Uva di Canetto’ (la Vespolina) nella sua Pomona italiana (1817-39) afferma della Moradella e del Pignolo che “da Casteggio alla Trebbia” erano le uve “principali di quei vigneti”.
La prima breve descrizione, rispondente alla varietà che conosciamo, è quella della ‘Moradella piccola’ fatta da Giuseppe Moretti per l’opera ‘Delle viti italiane’ di Giuseppe Acerbi (1825), mentre troviamo descrizioni più dettagliate nell’”Ampelografia della provincia di Alessandria” (Demaria e Leardi, 1875) dove è probabilmente descritta due volte con i sinonimi Moradello e Vermiglio.
La sua importanza colturale è andata scemando nella seconda metà dell’800 e nei primi decenni del secolo successivo a favore dell’affermazione della Croatina e del Barbera in Oltrepò pavese e nel Tortonese dove era un tempo coltivata.