Le notizie storiche su questo vitigno sono alquanto confuse per via della sua omonimia con il più diffuso, e forse di maggior pregio qualitativo, Brachetto dell’Acquese, l’unico Brachetto per ora iscritto nel Registro Nazionale. Il nome Migliardi, specificazione aggiunta alcuni anni orsono quando ci si è accorti della sua distinzione dal Brachetto acquese (Schneider et al., 2004), indica semplicemente l’azienda dove sarebbe stato conservato e da cui sarebbe stato diffuso.
L’omonimia era nota nel passato, perché già il conte di Rovasenda nel 1877 affermava “Non tutte le uve coltivate in Piemonte sotto questo nome sono identiche”, aggiungendo però che esse erano per lo più aromatiche. Anche Giorgio Gallesio (1839), descrivendo il Brachetto nizzardo alla base del vino Bellet, dimostra di esser ben conscio della presenza di una pluralità di vitigni, tutti chiamati Brachetto. Quello che qui trattiamo non pare avere una descrizione storica di riferimento, anche se è presente nei vigneti del sud del Piemonte sicuramente dalla seconda metà del secolo scorso e benché sia distinto dalle altre uve aromatiche a bacca nera. In loco è stato confuso con il Brachetto acquese e da alcuni decenni talora propagato e diffuso insieme a quest’ultimo.
E’ probabile che alcuni riferimenti di fine Ottocento ad un Brachetto a bacca nera coltivato nell’Astigiano a nord del Tanaro (Commissione Ampelografica Provincia di Cuneo, 1879) e a maggior ragione nella provincia di Torino (Di Rovasenda, 1877) possano essere attribuiti a Brachetti diversi da quello dell’Acquese, tra cui appunto il Brachetto Migliardi.