Varietà descritta dall’Acerbi (1825) ”Triboti nostri naturali, sicilianum…. acini rotondi neri di varia grossezza, grappoli solitari e dal Cupani (1696): vitis ferax…., racemis magnis.-racina Prunara”. Il Porta (1584) riporta tra le viti presenti nell’aree del mezzogiorno d’Italia le viti Ceraunie che identifica con le uve “Corneolus” di Columella e tra queste descrive un’uva che produce tre volte l’anno ma precisa che come afferma l’Acerbi “non perché tre volte l’anno produce, ma perché i granelli di quest’uva sono grossi tre volte più delle altre uve comuni”. Donde il nome uva pruna (da prugna) e quindi prunestre o prumestre. Il nome potrebbe anche derivare da bruma, per la pruina che ricopre le bacche in analogia al termine Nebbiolo. Il Mendola (1868) ha nella sua Collezione una Prunestra bianca ed una nera affermando per entrambe “ non vale nella vinificazione”. Il Di Rovasenda (1877) nel citare la Prunesta nera presente nella Collezione ne richiama la provenienza siciliana. In atti notarili (1435) sono riportate diverse varietà e tra queste una Prunesta a bacca bianca. Il De Maria (1754) tra le varietà coltivate in Sicilia cita la Prunastra bianca, mentre nella relazione preparata dal Ministero dell’Agricoltura (1883) tra i vitigni coltivati in Sicilia si riporta la Prunesta nera. Forse è la famosa varietà greca e romana Capnia o Kapnios, citata da Plinio il Vecchio (1668), la cui semantica richiama il colore grigio della cenere.