La prima citazione di questo vitigno è del Cupani (1696) che cita tre tipologie di Inzolia la “vranca” l’ ”imperiale” o di Napoli e la “nigra” e quest’ultima viene così descritta: “Eadem maiori, nigro fructu, suavi in ore, ac liquabili. Vulgo Inzolia nigra». Successivamente il Nicosia (1735) riprende le tre tipologie di Inzolia : “Vi sono tre Insolie, due bianche, ed una nera: la nera con frutto grosso, nero, soave, che con esser dura in bocca si liquefà” . L’Inzolia nera è descritta dall’Acerbi (1825) che la differenzia da quella bianca per il colore e la forma degli acini e dal Geremia (1834) che così la definisce: “Abbiamo noi la Nzolia nera e la bianca, la prima è pingue bislunga, buona a mangiare e si ripone così a vigna, come a pergola; è squisita al gusto, di epiderme forte, ha pigne di media grossezza, e ve ne sono maggiori, cilintriche, alate; matura all’ordinario, e spesso va tra le prime alla maturazione, foglia a due ed a tre lobi, nodi stretti, ne fa in gran copia, ha due a tre semi, potasi ampia e fa buon vino; ama i terreni vulcanici, arenosi, pingui, e prospera nei vulcani misti di argilla”. Ed ancora il Barone Mendola (1868) “La Insolia nera è tardiva fruttare, almen tra noi: rende poco, ma squisito mosto, per la polpa soda e aggradevole al dente”. L'origine genetica di questo vitigno, come recenti ricerche hanno dimostrato (De Lorenzis et al. 2014), è da attribuire ad un incrocio per libera impollinazione tra Sangiovese e un altro vitigno ancora non identificato e quindi non può essere considerata una mutazione cromatica dell’Inzolia bianca ma un vitignio distinto come già dimostrato da Carimi et al. (2010).