Questo lambrusco si ritiene sia stato selezionato a Sorbara, una frazione del comune di Bomporto, in provincia di Modena (Villa Sorbara), sulle rive del torrente Secchia, da una popolazione di viti selvatiche (Molon 1906). In Provincia di Reggio Emilia era diffuso alla fine dell’800 nelle zone vicine alla via Emilia, e in particolare a Rubiera. Ma secondo Govi e Preti (1975) la sua origine sarebbe molto più antica, e già agli inizi dell’Ottocento avrebbe conquistato la posizione di principale vitigno nel Modenese. A conferma di questa ipotesi, essi ritengono che la frase “fra le nere i vari Lambruschi, fra i quali primeggia quello che dà al vino l’odore di viola mammola”, inserita da Luigi Savani nell’edizione del 1818 del “Calendario delle rustiche faccende”, si riferisca proprio al Lambrusco di Sorbara, costituendone così la prima citazione scritta
Peraltro, nel 1839, Gallesio, visitando il Modenese e il Reggiano, scrive della presenza del Lambrusco di Sorbara nelle sue soste a Sassuolo, Casalgrande e Reggio Emilia e lo distingue da altre lambrusche, tra cui, in particolare, la Lambrusca (o Lambrusca ballottino), che dice essere la più importante e stimata a Nonantola, e di cui descrive gli acini tondi, a buccia nerissima e il “mosto nerissimo, e con un poco di profumo di viola”; anche a Sassuolo egli riferisce della Lambrusca, e delle sue due tipologie, ad acini piccoli e ad acini più grossi, distinguendola dal Lambrusco di Sorbara “ad acini più grossi, vino meno buono del lambrusco ad acini minuti”. A Reggio Emilia il Lambrusco di Sorbara è diffuso nel 1840, quando Bertozzi lo inserisce nell’elenco dei vitigni reggiani, tra le varietà di colore coltivate nei campi e scelte per i migliori vini di commercio. Aggazzotti (1867) apre il suo catalogo descrittivo delle principali varietà di uve con la Lambrusca, di cui mette tra parentesi il sinonimo Lambrusca di Sorbara, che probabilmente non era il nome con cui la varietà era allora più comunemente indicata. Aggazzotti la definisce “uva la più stimata della Provincia modenese: essa infatti produce il primo vino da pasteggiare tra i vini italiani”. Anche Giusti, nel 1870 , pone al vertice delle varietà il Lambrusco di Sorbara, di cui descrive la qualità del vino dallo spiccato aroma di mammole. La distinzione tra Lambrusca e Lambrusco di Sorbara fatta da Gallesio non appare quindi più così chiara.
Ramazzini (1885) dopo avere criticato la confusione determinata dal numero troppo elevato di vitigni, dedica la sua attenzione “pelle uve che che godono le simpatie dei viticoltori e che pare stiano conentendosi la palma della preferenza: il Lambrusco di Sorbara e il Lambrusco salamino. Il primo vino da pasto, il secondo vino da taglio”. Ramazzini distingue quattro diversi tipi di Lambrusco di Sorbara; tra questi, uno, oliva a foglia verde, è in realtà il Lambrusco oliva. Gli altri sono: sferico a foglia rossa, sub sferico a foglia rossa, sferico a foglia verde; quest’ultimo meno sensibile all’oidio e più rustico e resistente a siccità estiva e a gelo.
Casali (1915) riporta per il Lambrusco di Sorbara i nomi dialettali reggiani di tre tipologie. Óva lambrósch éd Surbèra da la fòja biànca; lambrósch éd Surbèra da la fòja ròssa, lambrósch éd Surbèra dal plòjun ròss, che confermano l’esistenza di variabilità intravarietale, come già segnalato da Ramazzini.