La Retica è una varietà di vite a duplice attitudine presente nel territorio di Reggio Emilia.
Non è per ora noto se vi possa essere un legame tra l’attuale Retica del Reggiano e l’antica uva Raetica. citata da Virgilio nelle Georgiche (70-19 a.C.) e da Plinio il Vecchio (23-79 a.C.), che nella Naturalis Historia individua il territorio di Verona come area di origine del vitigno. La ricerca condotta da Vouillamoz et al. Nel 2007 non ha infatti incluso il profilo genetico della Retica reggiana nel confronto.
La Retica dovrebbe corrispondere alla Gradesana del Modenese, descritta dal Caula e dal Paltrinieri a metà del ‘700 (in Maini, 1851). Questa sinonimia è avvalorata dall’Aggazzotti (1867), che riporta nel suo catalogo la Gradesana, con i sinonimi Gradsana, Uva retica, Redgha. Anche Casali (1915) riporta il nome reggiano òva Rèdga, di cui indica Retica o Gradesca come corrispondenti nomi italiani e, come sinonimo reggiano, òva gradsana (corrispondente nome italiano Gradigiano bianco o Graticciana bianca). Tuttavia Molon (1906) mette in dubbio che la Gradesana di Modena sia l’uva Retica, che egli ritiene più simile alla Luglienga.
Caula a metà del XVIII secolo descrive la Gradesana come una vite dall’uva qualitativamente poco valida per la vinificazione, anche se Paltrinieri, nella stessa epoca, ne corregge il giudizio negativo (Maini, 1851). Parere favorevole sulle potenzialità enologiche della Retica esprime anche, agli inizi del XIX secolo, Giulio Cesare Cani, che nella Lettera 12 “Della coltivazione delle viti” distingue "due sorta di Rediga" e afferma che “la più grossa è assai bona da mangiare, fornisce molto mosto ed un vino buono” (Cani, in Società agraria di Reggio Emilia, 2013). La presenza di due tipologie di Retica era nota già da oltre un secolo: Filippo Re infatti nel 1805 già scriveva di una Redga grossa bianca e di una Redga piccola bianca, distinzione fatta in seguito anche da Bertozzi (1840), che tra i suoi 110 vitigni reggiani elenca due tipologie di Redga, la Redga e la Redga grossa.
Aggazzotti (1867) descrive la Gradesana (Gradsana, Uva retica, Redgha) come una vite “di facilissima e ordinaria coltivazione, molto estesa nella provincia, specialmente nelle ville della bassa pianura” e riporta i suoi tratti distintivi: grappolo grande, voluminoso, a piramide tronca allungata…acino grande, sferico, trasparente”. Secondo Aggazzotti è uva “mangereccia” di ‘insigne merito’ per il sapore dolce, “tanto migliore quanto più lungo il tempo di sua prolungata conservazione” e per la possibilità di conservarla fino a primavera avanzata. Egli ne descrive anche il sugo abbondante, dolce, in aromatico, l’uso dell’uva per la vinificazione, dopo appassimento, e anche i tentativi di produrre un succedaneo dello Champagne.
“Le uve e i vini della provincia di Reggio Emilia”, scritto dal Fascetti nel 1913, riporta tra i principali vitigni bianchi coltivati in zona le Retiche o grassane, il Trebbiano, la Spergolina e l’Occhio di gatto. Nel 1922, Franceschini e Premuda citano la Retica tra i vitigni ad uva bianca che caratterizzano la piattaforma ampelografica del territorio di Reggio Emilia, insieme a Dolciola, Trebbiano e Durella.