Nel catalogo delle viti coltivate nelle province di Modena e Reggio, Niccolò Caula, nelle Annotazioni al volumetto "I vini Modanesi. Baccanale d'un Accademico Dissonante colle Annotazioni", pubblicato a Modena nel 1752, ritiene Covra la migliore delle uve tenere e ne riporta il sinonimo Nigrone , in riferimento al colore molto scuro e alle dimensioni (Maini, 1851). Il nome Nigròn è stato in seguito attribuito anche ad un'altra uva a buccia molto scura, che non ha alcuna affinità con Covra: l'ibrido interspecifico Jacquez, come rilevato da Meglioraldi et al. (2013). Niccolò Caula parla anche di diverse tipologie di Covra: “se dal picciuol rosso è migliore”. Distingue anche una Covra gentile, dagli acini più piccoli e meno numerosi, che “è ancor migliore” rispetto alla Covra. Analoga distinzione viene fatta in seguito dall’Aggazzotti (1867) che descrive la Corvina (Covra gentile), che ritiene “da preferirsi alle altre due varietà della stessa uva, dette una Covra e l’altra Covrone”.
La varietà Covra è citata tra le uve nere nella “nota sulle uve che si coltivano nella nostra montagna” che Filippo Re stila nel suo resoconto dei viaggi nelle zone montane di Reggio Emilia (1800). Dalla Fossa (1811) cita Covra gentile e suggerisce poi di scartare le Covre perchè hanno il solo vantaggio di essere precoci. Gallesio, in visita alla tenuta di Nonantola del conte Salimbeni, scrive di due Covre, "la migliore è la Covra genbtile che fa grappoli pigmentati e acini rotondi" e definisce la Covra come uva ricca di parte colorante, al pari della Guscia anmara (Gallesio 1837).
Nel 1840 la Còvra, o nigrèra, viene inserita da Vincenzo Bertozzi tra le “altre viti di uva di colore coltivate comunemente nei campi” di Reggio Emilia.
Casali, nel 1915, riporta numerose denominazioni dialettali reggiane, che almeno in parte riflettono una variabilità interna alla varietà: òva covra, crova, covroun, crovètta, lònga, Sànta Maria, cruvacìn .