Non è facile ricostruire la storia della Negretta, in quanto con questo nome o nomi simili (Negretto) sono stati indicati vitigni diversi, accomunati dal colore scuro della buccia. La Negretta non corrisponde al Negretto, o Negrettino, un tempo diffusamente coltivato nel Bolognese e oggi molto raro, di recente iscritto al Repertorio regionale volontario delle varietà della Regione Emilia Romagna (2011). Per l’area di coltivazione e le caratteristiche, è invece molto probabile che l’attuale Negretta corrisponda alla varietà Negretta descritta a metà del Settecento dal Caula e dall’Aggazzotti un secolo dopo. Caula, nelle annotazioni al ditirambo “ I vini modenesi” di GB. Vicini (1751), fedelmente trascritte da Maini nel suo Catalogo (1851), non esprime nel complesso un giudizio positivo sulla qualità dell’uva della Negretta, ma ne rileva forti differenze nelle tipologie a picciolo non rosso e a picciolo rosso, quest’ultima molto migliore della prima, e la variabilità in funzione della fertilità del terreno. Descrive inoltre la somiglianza con la Berzemina, da cui si differenzia per il “guscio non così sodo” e per i raspi più sottili. Filippo Re (1800) cita tra le uve nere coltivate nelle montagne reggiane alla fine del Settecento la Nigrella, che dovrebbe essere sinonimo di Negretta, stando all’elenco dei nomi dialettali reggiani di piante del Casali (1915), in cui sono riportati i sinonimi dialettali Óva nigrètta e Óva nigrèlla. Anche Aggazzotti (1867) riporta la descrizione della Negretta, del suo “grappolo piramidale, a grani piuttosto serrati” e dell’“acino alquanto ovale, di giusta grossezza (15 millim) non affatto opaco” e parla dei difetti di qualità dell’uva rispetto alla ‘lambrusca’, della scarsa conservabilità del vino e della alta produttività e vigoria della pianta.