Barbarossa piemontese: informazioni generali

informazioni generali gestite da Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante - CNR
come citare questa fonte Schneider A., Ruffa P., Raimondi S., 2014. Barbarossa piemontese. In: Italian Vitis Database, www.vitisdb.it, ISSN 2282-006X
ringraziamenti Ager foundation, Regione piemonte
informazioni botaniche
nome
Barbarossa piemontese
tipo di origine
spontanea
specie
Vitis vinifera
gruppo di varietà
non disponibile
genere
Vitis
sottospecie
sativa
vitigno da
tavola
codice
IVD-var_271
registrazione
iscritto al Registro Nazionale delle Varietà di Viti
no
sinonimi
sinonimi accertati (1)
sinonimi accertati dall'Istituzione che compare con eventuale supporto bibliografico
  • Uva réina (Asti province)
cloni omologati
immagini
  • germoglio
    germoglio
  • foglia
    foglia
  • grappolo
    grappolo
  • acino
    acino
Riferimenti storici

Considerata alla fine dell’Ottocento l’uva da mensa di gran lunga più apprezzata sul mercato di Torino, della Barbarossa si lodava il colore rosso vivo degli acini, la polpa croccante e la gradevolezza del sapore. Era inoltre un’uva che si prestava alla conservazione in fruttaio ed arrivava così sulla piazza di Torino in tardo autunno, spuntando prezzi doppi rispetto alle altre uve smerciate (Di Rovasenda, 1885). All’epoca epicentro colturale era Cisterna d’Asti, anche se la Barbarossa era presente un po’ in tutto l’Astigiano, ma sempre in modo piuttosto sporadico vista la sua modesta produttività.

In accordo con quanto già affermato da Mas e Pulliat (1876) che la dicono “a foglia frastagliata”, questo vitigno è sicuramente distinto dall’omonima Barbarossa descritto dal conte Gallesio nella sua Pomona: quest’ultima, tipica del Savonese e ben raffigurata dall’artista Del Pino, ha acini di un colore rosa grigio ed un grappolo breve, mediamente compatto, mentre l’uva della Barbarossa astigiana, con grappolo spargolo e allungato,  si riconosce per un colore rosso corallo dalla parte esposta al sole, giallo chiaro in quella non esposta.

Ancora diverse sono le Barbarosse coltivate un tempo nel meridione d’Italia (oggi assai rare se non quasi scomparse), mentre proprio in base a recenti confronti morfologici parrebbe identica a quella piemontese una Barbarossa recuperata in Lunigiana (Toscana) descritta da Scalabrelli e collaboratori (2005). La corrispondenza con la Barbarossa corsa, alias Barbaroux, affermata da questi autori va però considerata errata, poiché si tratta di un vitigno distinto.

Non si conosce per ora l’origine della Barbarossa piemontese, ma le citazioni storiche sia in Piemonte (Nuvolone, 1798) che in Toscana (Soderini, 1600) paiono ben adattarsi a questa cultivar utilizzata soprattutto per la tavola e più raramente per la vinificazione.

diffusione & variabilità

La Barbarossa piemontese è ormai praticamente scomparsa insieme alla locale coltura di uva da tavola: ne rimane solo qualche pianta nei vecchi vigneti.

utilizzazione tecnologica

Cultivar utilizzata soprattutto per la mensa e più raramente per la vinificazione.

bibliografia (5)
autori anno titolo rivista citazione
Di Rovasenda G. 1885 Piemonte. In: Coltura e commercio delle uve da tavola in Italia. Bull. Amp. Fasc. XIX, 9.
Mas A. e Pulliat V. 1876 Le vignoble G Masson. Paris
Nuvolone G. 1798 Sulla coltivazione delle viti e sul metodo migliore di fare e conservare i vini. Calendario georgico della Società Agraria di Torino.
Scalabrelli G., D’Onofrio C., Paolicchi S., Bucelli P. 2005 Barbarossa In: “ Il germoplasma viticolo della Toscana. 1. Vitigni ad uva nera”. Ed. ARSIA Regione Toscana.
Soderini G.V., 1600 Trattato della coltivazione delle viti, e del frutto che se ne può cauare / del S. Gioanvettorio Soderini ... ; E la coltiuazione toscana delle viti, e d'alcuni arbori del S. Bernardo Davanzati Bostighi ... ; Aggiuntaui la Difesa del popone dell'eccellentiss. dottore sig. Lionardo Giachini. Firenze : per Filippo Giunti, 1600.
aggiornamento 14/11/2016 12:04:11 (7 anni fa)