È sicuramente uno dei due vitigni che possono storicamente fregiarsi del nome di Bovale, che spesso crea molta confusione tra gli addetti ai lavori. Dal numero di false attribuzioni ritrovate appare chiaro come intorno a questo vitigno negli anni ci sia stata grande confusione.
E’ un’uva da vino citata dal Moris, che con il nome Bovali mannu identifica una “sottovarietà” del “Bovali” (varietà ‘affinis’ secondo il botanico). Quali le caratteristiche del Bovali di Moris: «Bacche nere, molto succose, morbide, dolcissime; grappoli piccoli e serrati; foglie piuttosto dense, tri-quinquelobate, corte, con denti acuti e larghi, faccia verde scuro, sotto tomentosa; piccioli e nervature scarlatte; sarmenti eretti, marrone scuro, con internodi corti».
In aggiunta, sul Bovali mannu, dice che è «affine al precedente, offre un ottimo vino: una sua sottovarietà più ricca in vegetazione e meno fruttifera, pertanto meno coltivata, è chiamata Bovali mannu per gli acini più grandi, che in realtà per il sapore si avvicinano più alla precente varietà». Potrebbe trattarsi nel primo caso del Muristellu e nel secondo caso del Bovali mannu qui descritto. La realtà è che è difficile un’attribuzione sicura sulla base della descrizione del Moris a causa del polimorfismo che caratterizza la vite nelle diverse fasi fenologiche e con varietà che presentano caratteri in comune.
E nemmeno il Cettolini risulta essere dirimente. Più di recente anche Nieddu utilizza due (forse tre) nomi diversi per identificare lo stesso vitigno: Barbera sarda, Bovale sardo e Cagnulari. Per uscire da questa situazione, potrebbe essere utile limitare l’uso del nome Bovale a due varietà: il Bovali mannu (da non tradurre) usato per il Bovale descritto in questa scheda e il Bovaleddu (o Bovale piticcu o Bovale sardo) da usare esclusivamente per il Muristellu.
Non deve stupire una tale complessità se si pensa che queste distinzioni erano fatte dagli ampelografi, fino a pochi anni fa, esclusivamente con osservazioni sulla morfologia. E che il grappolo – l’organo maggiormente osservato – è in realtà soggetto ad influenze di carattere ambientale e di selezione. Da non dimenticare la sicura antichità del vitigno: ricercatori delle due università di Milano hanno individuato alcune viti selvatiche del centro Sardegna così strettamente correlate a due vitigni sardi (il Bovale murru e il Muristellu) da definire la Sardegna come un centro di domesticazione secondaria della vite (GRASSI, ET AL. 2003). Le origini del Bovali mannu-Cagnulari-Barbera sarda sembrano pertanto da ricercarsi nell’Isola. Sull’utilizzo del nome Barbera (nel Parteolla e nel Cagliaritano) per definire questa varietà, può forse essere d’aiuto il Cettolini che, a fine ’800, parla della diffusione in tempi recenti del Barbera nell’Iglesiente e nel Cagliaritano. Potrebbe essere la nostra Barbera sarda, fermo restando che la Barbera piemontese non ha avuto grossa diffusione nei vigneti delle zone citate.
Le analisi genetiche per 22 SSR indicano chiaramente la corrispondenza con diversi vitigni riportati con altra denominazione ma nei fatti ascrivibili a questa stesso profilo SSR: Barbera sarda, Barbera sarda di Senorbì, Barbera Argiolas Serramanna, Bovale mannu di Gonnos, Bovaleddu di Escalaplano, Bovale Addis Li Duni 1, Bovali mannu, Cagnulari selezione LAORE Usini, Cagnulari selezione LAORE Tissi, Cagnulari di Usini, Cagnulari di Usini azienda Cherchi, Morrastel, Nera di Escalaplano.. Risulta anche la corrispondenza con la Barbera sarda. Anche la corrispondenza del profilo genetico con Graciano e Morrastel è certa ed è stata comprovata anche da altri autori.