Questo nome è l’italianizzazione del termine Cruà, utilizzato univocamente per identificare questa cultivar nell’alta valle del torrente Curone (AL), mentre nelle vicine valli montane dell’Oltrepò pavese questa varietà è generalmente indicata come Rossarone. Sia i termini Cruà/Croà che quello di Rossarone e anche quello di Vermiglio, talora indicato dalla letteratura come sinonimo di Croà (Giulietti, 1884), in realtà erano e vengono tuttora utilizzati nelle valli oltrepadane per indicare uve diverse. Difficile anche riconoscere in quale delle succinte descrizioni storiche sia stato per la prima volta delineato questo vitigno.
Pare tuttavia che il Crovaro qui descritto sia chiaramente riconoscibile nelle parole di Giuseppe Giacobone di Varzi (PV), riportate sempre dal Giulietti (1884) a chiarimento della complessa situazione di queste varietà omonime: “Nella valle della Staffora, e sul Bobbiese si dà il nome croà ad un’uva molto produttiva per copia e volume di grappoli, con acini grossi ed oblunghi piuttosto rossi che neri, specialmente nella parte non esposta al sole. [...] La crova piacentina, detta anche da noi parmigiana, è molto più fina e matura meglio del croà”. Da queste parole emerge una prima distinzione tra il Croà della Val Staffora e Bobbiese, ovvero il nostro Crovaro, e la Crova piacentina o Parmesana, cultivar diversa.
Una prima descrizione moderna del Crovaro è stata stilata da Raimondi (2005).