Luglienga nera: informazioni generali

informazioni generali gestite da Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante - CNR
come citare questa fonte Schneider A., Ruffa P., Raimondi S., 2019. Luglienga nera. In: Italian Vitis Database, www.vitisdb.it, ISSN 2282-006X
ringraziamenti Regione Piemonte
informazioni botaniche
nome
Luglienga nera
tipo di origine
spontanea
specie
non disponibile
gruppo di varietà
Neutre
genere
non disponibile
sottospecie
non disponibile
vitigno da
tavola
codice
IVD-var_467
registrazione
iscritto al Registro Nazionale delle Varietà di Viti
no
sinonimi
cloni omologati
immagini
  • germoglio
    germoglio
  • foglia
    foglia
  • grappolo
    grappolo
Riferimenti storici

Una Algnenga nera è descritta da De Cardenas (in Acerbi, 1825) per il Valenzano, ma la descrizione non corrisponde affatto alla varietà qui presentata. Molto dubbia anche la corrispondenza con la Lugiana nera descritta da Sommers (1786), che sarebbe stata importata in Württemberg dall’Italia. Al contrario, la brevissima nota sulla Luglienga nera riportata da Incisa (1869) ci pare aderente alle caratteristiche della nostra varietà.

Il testo che più si occupa di questo vitigno è ‘Le vignoble’, di Mas e Pulliat (1874): gli studiosi francesi vi affermano che lo ricevettero dal Di Rovasenda, a cui la stessa varietà era stata spedita dall’Ungheria, ma a causa della perdita dell’etichetta non era più stato a lui possibile conoscere il nome del sinonimo ungherese. Dagli stessi autori sappiamo che il sinonimo ‘Fresa da tavola’, riportato anche dal Rovasenda (1877) era un nome proposto dal Rovasenda stesso, il quale vedeva maggiori somiglianze tra questa cultivar e la Freisa piuttosto che con la Luglienga bianca.

Al di là dei nomi utilizzati per identificarla, va ricordato comunque che questo vitigno è ben distinto sia dalla Luglienga bianca che dalla Freisa. Ci è inoltre capitato di trovare un’omonima Luglienga nera, in realtà corrispondente al vitigno Portugais bleu.

diffusione & variabilità

Mas e Pulliat (1874) affermano essere un vitigno piemontese e in effetti, al di là delle dubbie segnalazioni in Germania e Ungheria di cui si è detto sopra, non abbiamo notizia della presenza di questa cultivar al di fuori del Piemonte (salvo ovviamente i pochi esemplari in qualche collezione europea). Anche sul territorio piemontese la presenza di questa varietà è ormai ridottissima, essendo stata reperita solo in due località site l’una in Valle di Susa, l’altra nella Pianura tortonese.

utilizzazione tecnologica

L’impiego tradizionale è quello come uva per il consumo fresco, per il quale potrebbe avere ancora un certo interesse vista la maturazione piuttosto precoce, la buona dimensione e il piacevole aspetto di grappoli e acini, la polpa piuttosto soda e di gusto gradevole. Entrambe le piante ritrovate in Piemonte erano allevate a pergola davanti ad abitazioni, a testimoniarne l’utilizzo per il consumo diretto e la necessità di una potatura ricca per compensare la fertilità piuttosto ridotta.

bibliografia (5)
autori anno titolo rivista citazione
Acerbi G. 1825 Delle viti italiane o sia, Materiali per servire alle classificazione, monografia e sinonimia, preceduti dal tentativo di una classificazione geoponica delle viti Giovanni Silvestri. Milano
Di Rovasenda G. 1877 Saggio di una ampelografia universale. Tipografia Subalpina, Torino.
Incisa, L. 1869 Catalogo descrittivo e ragionato della collezione di vitigni italiani e stranieri posseduta in Rocchetta Tanaro Riedizione della copia annotata dall’autore in: Aldo di Ricaldone G., 1974. La collezione ampelografica del Marchese Leopoldo Incisa della Rocchetta (1792-1871). Camera Commercio di Asti.
Mas A. e Pulliat V. 1876 Le vignoble G Masson. Paris
Sommers J. M. 1786 Anleitung Ausländische Weinstöke in Wirtemberg und andern Gegenden Teutschlands vortheilhaft zu pflanzen. Auf Kosten des Verfassers.
aggiornamento 02/03/2020 19:06:53 (4 anni fa)