La prima citazione e descrizione di un Mostarino è di Giuseppe Moretti, corrispondente dall’Oltrepò pavese di Giuseppe Acerbi (1825) nell’opera ‘Delle viti italiane’. La descrizione, ben corrispondente all’attuale, è curiosamente elencata tra quelle delle uve bianche, benché si dica espressamente che il Mostarino ha acini “di color tirante al purpureo violaceo”. Questo forse perché l’uso che ne viene indicato è quello per la produzione di vino dolce “passato pei sacchetti”, ovvero un filtrato dolce che non aveva il tempo di estrarre colore dalla buccia, già poco colorata, di questa uva. E’ probabile che al Mostarino si riferisca anche la laconica nota che Giorgio Gallesio inserisce nei suoi Giornali dei viaggi (1995) passando per Novi ligure nel 1834: “Mostorina: uva nero-chiara quasi rossiccia, di gusto dolce ma a vino poco preggiato”.
Un Mostarino è anche ricordato dal Di Rovasenda nel suo Saggio (1877) tra le uve presentate all’Esposizione di uve di Alessandria (1871), ma la sua brevissima nota (“Bel grappolo, acino nero, quasi ovale”) non sembra adattarsi alla nostra varietà.
Secondo Giulietti (1884), il Mostarino nero (ne esisteva anche uno a bacca bianca nel Vogherese) era proprio del solo circondario di Bobbio, comune in cui costituiva un decimo della superficie vitata. La descrizione pur succinta che ne riporta questo autore corrisponde all’attuale.
Una prima descrizione moderna è stata stilata da Fregoni e collaboratori (2002).