La prima citazione di un Vorpin a bacca nera sembra essere quella fatta dall’Eandi (1835), che lo indica coltivato sulle colline di Barge e Bagnolo, nel Saluzzese. Lo stesso autore riferisce anche della presenza nella stessa area di un omonimo Vorpin a bacca bianca e di un Arbuffi che, come vedremo, era forse un sinonimo del Vurpin qui descritto.
Un Volpin è ricordato dal Di Rovasenda nel suo Saggio (1877) con le laconiche indicazioni “Asti. Saluzzo.” indicanti i circondari in cui erano coltivate probabilmente due uve omonime. Di Rovasenda aggiunge nel Saggio che la varietà di Saluzzo vi era pochissimo coltivata e che gli era parsa identica al Neretto di Marengo. Tuttavia dalle annotazioni manoscritte dello stesso Giuseppe di Rovasenda (1856-1913) risulta una descrizione del Volpino o Volpin ben aderente al vitigno qui descritto e ben diversa dalla morfologia del Neretto di Marengo, almeno per quanto riguarda il grappolo. In calce a questa nota, il Rovasenda aggiunse “pare Arbreufi”. Di quest’ultima varietà l’autore piemontese scrive nel Saggio: “Abrofi. Saluzzo [...] Uva da condannarsi all’oblio.”.
Un Volpino nero è citato anche tra le varietà della provincia di Torino (1877), nella sola località di Villar Pellice, ma non è dato sapere a quale vitigno corrispondesse.