La Verdea, che nulla a che fare con la Verdeca pugliese, ha nell’Uva di San Colombano (o semplicememnte Sancolombana) e nella Paradisa due suoi tipici sinonimi, verificati anche in tempi recenti. Il trecentesco Francesco Sacchetti, nella novella CLXXVII del suo Il Trecentonovelle (1399), cita diverse uve tra cui le “sancolombane”. Una San Colombano (così come una Paradisa) sono anche raffigurate nei grandi dipinti del primo ‘700 dedicati alle uve toscane da Bartolomeo Bimbi. Anche il toscano Soderini (1600) parla sia di San Colombana che di Paradisa, ma dalle brevi note che riporta non è possibile capire a quali varietà egli si riferisca. Accenna poi all’uva Bergo “che fa la Verdea”.
Trinci (1763) mette la Verdea (o Bergo) tra le uve “di guscio gentile”, e la descrive ad acini tondi, quindi sembrerebbe non riferirsi alla varietà qui trattata che ha invece bacche ellittiche.
La Verdea descritta da Bramieri (1793) per il Piacentino ben corrisponde invece alla nostra. Lo stesso autore la dice forse uguale a quella del Milanese, probabilmente riferendosi al commentatore milanese del Mitterpacher (1784), il quale però riporta una Verdese (non una Verdea), che dice essere forse la Verdea dei Toscani, e di cui fa soltanto accenno all’acino allungato, informazione troppo scarna per riconoscere sicuramente la varietà.
Demaria e Leardi (1875) descrivono come Verdea un vitigno diverso (proveniente da Castelceriolo e dall’Alessandrino), con pagina inferiore glabra, grappolo cilindrico, compatto e acini ellissoidali. Quella descritta da Giulietti (1884) per l’Oltrepò pavese è invece perfettamente corrispondente alla nostra.
Molon (1906) disserta soprattutto sulla sinonimia Verdea-Paradisa senza giungere ad una conclusione (anche se tende correttamente ad ammetterla dicendo che L. Pirovano e Zago la affermavano), mentre considera la Verdea d’Arcetri (o Bergo) un vitigno distinto. Lo specimen che descrive, tuttavia, differisce dalla nostra per il seno peziolare a U a base molto larga, i seni superiori a base “allargatissima” e per il raspo verde.
Da quanto esposto si può dedurre che nel passato si intendesse con il nome di Verdea vitigni distinti, mentre una descrizione moderna corrispondente alla varietà qui descritta è quella fatta da Cosmo e Forti (1962).
Va ricordato, infine, che esiste un’omonima Verdea tra i vitigni coltivati in Romania, nettamente distinta dalla presente, e che anche il vino Verdea, tipico dell’isola greca di Zante, non è prodotto con le uve della varietà qui descritta.