La prima citazione nota dell’Erbaluce è quella che troviamo nell’opera di Giovan Battista Croce (1606) sui vini della ‘montagna’ di Torino. L’identificazione del vitigno è chiara sia per via del nome utilizzato (‘Erbalus’), sia per le caratteristiche dell’uva, che l’autore indica come ‘colorita’ e ‘rostita’ a maturità, tipiche proprio dell’Erbaluce. Nei secoli successivi, però, alcuni autori tendono a generare confusione tra l’Erbaluce e altri vitigni (quali l’Arneis e i Trebbiani) che vengono erroneamente indicati come sinonimi.
Sono frequenti nei testi ottocenteschi i riferimenti all’uva Erbaluce, che veniva utilizzata anche per il consumo diretto e la cui diffusione nel Piemonte meridionale veniva caldeggiata. Solo nel Saggio di Di Rovasenda (1877) troviamo un ‘Greco di Ghemme’, prima traccia della denominazione tradizionale utilizzata per questa cultivar nel Novarese.