Riferimenti storici
La “Tremarina” viene citata nel 1614 dal modenese Giacomo
Castelvetro che nel suo trattato sulle erbe, ortaggi e frutti usati nella
gastronomia italiana ne descrive il grappolo con granelli minuti e alcuni assai
grossi. Nel 1644 il bolognese Tanara parla della coltivazione della Tremarina o
Uva marina. Risalgono al 1752 i commenti di Nicolò Caula sulla Termarina e sul
suo vino rosso aromatico e di gran forza e di lunga durata, riportati in
seguito da Maini nel suo Catalogo (1851). Filippo Re, scrivendo nel Florae
Atestinae Prodromus delle uve più rinomate, parla di Tremarina, vel Uva
di Corinto (1816). Nel 1839, Gallesio descrive tra le uve rosse del modenese la Tramarina e i suoi grappoli con acini
minutissimi. Del vino di colore rosa cita la forza straordinaria, ma afferma
che raramente viene prodotto, perché l’uva viene in prevalenza consumata fresca
o per ottenerne uva passa, dopo averla sgranata e sottoposta a successivi
passaggi in forno, per poterla poi conservare in vasi di terra.
Bertozzi (1840) riporta tra le viti coltivate nel Reggiano,
soprattutto negli orti e nelle vigne, meno nei campi, sia la Termarina a bacca
nera sia quella a bacca bianca. Aggazzotti (1867) dà una descrizione piuttosto
dettagliata di grappolo e acini e degli usi di questa uva; anch’egli la definisce
“mangereccia, particolarmente ad uso culinario” e ne ricorda l’essiccazione al
forno o al sole. Per quanto riguarda il vino, ritiene di particolare pregio
quello ottenuto da uve passite, che definisce ‘di squisitissimo sapore, con
aroma speciale esclusivo”.
Casali (1915) riporta il nome dialettale reggiano Óva Termarèina
e i nomi italiani Termarina o Tramarina rossa, Passerina o Passeretta.
La presunta sinonimia con l’uva Corinto, oltre che da
Filippo Re, viene riportata già da Castelvetro (1614), e in numerose altre citazioni
successive (Aggazzotti: Tramarina rossa,
Termarina, Uva passerina, Uva di Candia Rossa, Passe retta; Gallesio:la Tramarina è il Corinto rosso degli
enologi, è la stessa Romanina dei Romagnoli). Le analisi di Boccacci et al.
(2005) hanno però escluso questa sinonimia.
Secondo alcuni il nome Termarina deriverebbe dal latino “ultra
+ marinus” e farebbe quindi riferimento ad una sua origine ‘oltremarina’, da
cui ““Tra marina” e quindi “Termarina”
Castelvetro (1614) avanza invece l’ipotesi che il nome
derivi dal ‘tremare’ dei grappoli ‘ad ogni venticello che niente spiri’.
Nel Modenese il termine dialettale ‘termareina’ si riferisce,
indipendentemente dalla varietà, all’acinellatura, fenomeno che caratterizza la Termarina, cultivar
apirene, con acini molto piccoli.
La sua iscrizione al Registro nazionale delle varietà di
vite è piuttosto recente e si deve al lavoro svolto dal Consorzio tutela dei
vini DOC “Reggiano” e “Colli di Scandiano e Canossa” (Meglioraldi, 2012). La
sua rarità, il legame storico con alcune aree del territorio emiliano e le
potenzialità di uso hanno stimolato l’iscrizione al Repertorio regionale delle
risorse genetiche autoctone dell’Emilia Romagna (Burert,
Distribuzione e variabilità
In Emilia Romagna, sono presenti alcune centinaia di ceppi in
diversi vigneti delle province di Parma, Reggio Emilia e Modena, sia in pianura
sia, soprattutto, nelle aree pedecollinari e collinari. È considerata a rischio di erosione genetica.
Caratteristiche agronomiche
È un vitigno poco produttivo e con bassa resa in mosto. È sensibile
a oidio e botrite.
Utilizzazioni tecnologiche
La Termarina era tradizionalmente utilizzata come uva da
mensa e da appassimento ().
L’antica tradizione di produrre marmellate e confetture
senza aggiunta di zucchero viene attualmente riproposta.
Dalla sua vinificazione si ottiene un vino di colore rosso
rubino di media intensità, per il basso tenore di antociani, con un originale
profilo aromatico, caratterizzato da note di rosa e frutti di bosco,
accompagnate da sentori speziati. La persistenza gustativa e la struttura sono buone, l’ acidità media, il
grado alcolico elevato.