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storiche del vitigno Malvasia di Candia nella regione Lazio
Giuseppe Acerbi (1825), scrive: “Il (Moscado) bianco altro non è
però che l’uva Moscadella comune nostra, o l’Apiana dei Latini, e la stessa è
la Malvasia di Candia.” La sovrapposizione tra moscato e malvasia era piuttosto
comune nel passato, a causa della tipologia di vino che se ricavava, con
caratteristiche di dolcezza, aroma e grado alcolico tipici dei vini che nel
Medioevo arrivavano dalla Grecia, da Cipro e Creta, in quanto molto apprezzati
e ricercati. Nel capitolo “Descrizione di alcune viti romane, dovute alla
cortesia di una coltivatrice felicissima della Botanica, la signora Fiorini”,
la Malvasia candida viene descritta nella Classe I (Uve bianche), Sotto-classe
II (quindi tra le uve a sapore semplice), Ordine I (ad acini rotondi), ad acini
mediocri (di dimensioni medie). “Acini candidi, punteggiati di color
ferrugineo; fiocine alquanto astringente. Polpa più dolce che nella precedente
(la Malvasia generica). Capace ambedue a produrre un vino molto grato.” Norberto Marzotto (1925) scrive: “La
Malvasia di Candia è di uso misto (cioè da vino e da mensa), di fruttificazione
sicura ed abbondante. … Detta Malvasia di Candia si trova coltivata anche nei
colli attorno a Roma, dove va sempre più diffondendosi per la sua resistenza
alla peronospora, e concorre col Trebbiano di Velletri alla produzione del vino
bianco detto dei Castelli. V. Prosperi (1939), cita il vitigno: “Chiamata anche Malvasia rossa per il colore del
giovane germoglio, è tra i vitigni bianchi considerati fondamentali dalla
Corporazione Vitivinicola dei Castelli Romani (insieme al Trebbiano giallo ed
alla Malvasia nostrale). Rustica e molto produttiva, risulta molto diffusa
(soprattutto a Frascati ed a Marino), ma si è arrestata a causa della scarsa
qualità del prodotto, che tra l’altro non ha niente in comune con la Malvasia
tipica aromatica. E’ presente anche una descrizione completa della vegetazione
e dei frutti (con immagini delle foglie e del grappolo) ed una tabella con le
misure medie delle parti del grappolo. “E’ un vitigno resistente alla peronospora,
ma poco all’oidio”. Zucchini M. (1961),
scrive: tra i vitigni coltivati nella provincia di Roma, produce il 55% delle
uve bianche (perciò quasi il 50% del totale bianche-nere), nel Viterbese solo
il 5%.