Riferimenti storici e identità
Il nome Cipriana è quello con cui questo curioso vitigno è stato recuperato in Canavese, nel nord della provincia di Torino, luogo del resto a cui si riferisce la prima citazione storica a cura del Conte Gallesio (1831) che si imbatte in un’uva da mensa Cipriano a Valperga, che dice “ad acino longo e ritorto”, quasi certamente, dunque il nostro vitigno. Anche Gatta (1833) cita una Cipriana tra le uve poco frequenti dei dintorni sud-occidentali d’Ivrea (Pavone, Banchette, Samone), ma non la descrive come fa con altre varietà più comuni. Di Rovasenda, invece (1877), riportando le notizie fornite da Bonafous (opera a noi non giunta), ne fornisce un profilo morfologico molto ben rispondente. Lo stesso autore menziona il sinonimo Bermestia o Bermestia violacea o violetta (visto che vi è anche una Bermestia bianca).
Il confronto mediante profili genetici e morfologici ci ha permesso di scoprire l’identità di questa cultivar con l’Apesorgia nera, recentemente recuperata e descritta in Sardegna (Frau et al., 2017) e perfino iscritta nel Registro Nazionale tra le uve da tavola. Sinonimia che non era sfuggita all’occhio esperto del conte di Rovasenda che, a proposito dell’Apesorgia nera o niedda sarda riporta la probabile identità con la Bermestia violacea della sua collezione.
Si tratta in effetti di un vitigno con tutta probabilità introdotto nella nostra regione da areali mediterranei.
Diffusione
La Cipriana è ancora oggi sporadica in Piemonte. Considerando l’uso essenzialmente da mensa o particolare è coltivata accanto alle case, spesso in pergole o nei giardini.
Utilizzazione
L’uva, di maturazione alquanto tardiva (indicazione anch’essa della probabile introduzione da climi più caldi), ha acini di forma particolare, allungati e più o meno arcuati; la buccia è piuttosto spessa e la polpa molto consistente (“durissima” la definiva Di Rovasenda), poco succosa. Si presta come uva da mensa per una lunga conservazione in fruttaio, ma non per il trasporto, visto che il rachide tende a disarticolarsi. Per via della polpa molto soda, si adatta mirabilmente alla preparazione sotto spirito, uso tradizionale in Piemonte.