La comparsa del Cortese nel panorama viticolo piemontese deve essere piuttosto tarda, visto che la prima citazione di questo vitigno è del 1614, quando viene elencato in un inventario delle cantine del Castello di Casale Monferrato (Nada Patrone, 1991) insieme a Grignolino ed altri vini di cui non conosciamo la varietà di origine. A riprova della stima in cui era tenuto il vino di Cortese, circa cinquant’anni dopo un ‘vassellotto pieno di vino bianco di cortese’ viene enumerato nella “Nota del regallo” fatto nel 1666 alla novella imperatrice Margherita Teresa d’Asburgo in occasione del suo passaggio ad Acqui Terme durante il viaggio che la portava da Madrid alla corte imperiale viennese (Giorcelli, 1894).
Una prima sommaria descrizione è quella del conte Nuvolone (1798), seguita da poco più ampia quella del valenzano De Cardenas (Acerbi, 1825) che però considera il Cortese “uva buona a mangiarsi, e che dà vino snervato e di nessun sapore”. L’utilizzo per la tavola è citato anche in fonti successive del XIX secolo.
Grazie anche alla generosa produttività il Cortese divenne, già all’epoca dell’Ampelografia della provincia di Alessandria (Demaria e Leardi, 1875), “il vitigno ad uve bianche più estesamente coltivato nella provincia.”.
La descrizione moderna di riferimento è quella fatta per il Ministero da Dalmasso, Dell’Olio e Ricci (1960).