L’Aleatico è un vitigno di antica coltivazione la cui presenza in Toscana risale al 1300 sulla base di fonti documentali, quando secondo il De Crescenzi aveva il nome di Livatica (nonostante questa segnalazione venga riportata ovunque è però opportuno specificare che Pier De Crescenzi parla di uva bianca. La prima segnalazione sulla produzione di vino di Aleatico in Toscana si ha ad opera di Trinci (1778) che lo descrive così: “fa il vino pochissimo colorito, sciolto, sottile molto spiritoso, con un odore così delicato, grato e gustoso forse più del Moscadello”.
Altri autori hanno decantato le buone caratteristiche del vitigno Aleatico, tra cui Malenotti (1831) e il Gallesio (1839) che descrive la “Liatica” o “Aleatico di Firenze”, considerandolo un “vero moscato” ipotizzando che possa essersi originato in Toscana per seme dai moscati. In particolare segnala che il vitigno dalle preziose caratteristiche è coltivato in tutta Italia e che in Toscana dava origine ad un “vino liquore” molto ricercato.
Anche Molon (1906) dedicò a questo vitigno una ampia trattazione considerando la Toscana la zona di coltivazione di maggiore fama (Firenze e Siena) e riportando in ordine di importanza anche la diffusione in altre regioni: Romagna, Marche, Umbria, Lazio, Campania, Molise, Abruzzo, Puglia, Sicilia e Corsica.
Attualmente la maggiore area di coltivazione dell’Aleatico in Toscana è l’Isola d’Elba. Oltre che all’Isola d’Elba, la presenza di questo vitigno è stata segnalata anche nelle altre isole del mar Tirreno ed in Corsica dove tradizionalmente utilizzato per la produzione del “Rappu”, un vino alcolico e di notevole struttura, utilizzato come aperitivo (Dovaz et al., 1990).
Molon (1906) ha commentato alcune informazioni riportate nelle relazioni delle commissioni ampelografiche evidenziando che il suo caratteristico aroma lo fa distinguere da ogni altra uva, tuttavia viene talvolta erroneamente confuso con il Moscato nero (nelle Marche) oppure con il Negroamaro o con la Lacrima. Nella descrizione ampelografica effettuata da Breviglieri e Casini (1962), corrisponde a quella di riferimento per il Registro Nazionale delle Varietà di Vite, vengono riportati una serie di sinonimi, tra cui “Aleatico di Portoferraio”, “Uva Liatica”, “Leatico”, “Aliatico”, “Aleatica”, “Aleatico nero di Firenze” e “Aleatico gentile”.
Le analisi molecolari mediante microsatelliti hanno evidenziato le sinonimie con Blacan e Pelaverde (Cipriani et al., 2010), e le relazioni con i moscati (Crespan e Milani, 2001; Scalabrelli et al, 2009; D’Onofrio et al. dati non pubblicati) sulla base delle quali Scalabrelli e D’Onofrio (2012) ipotizzano che l’Aleatico sia un incrocio naturale tra ’Moscato bianco‘ e un vitigno della proles pontica non ancora identificato.
Relativamente alle fonti storiche che citano il vitigno Aleatico nella Regione Lazio, Giuseppe Acerbi (1825), nel capitolo “Descrizione di alcune viti romane, dovute alla cortesia di una coltivatrice felicissima della Botanica, la signora Fiorini”, descrive Aleatico nero nella Classe II (Uve nere), Sotto-classe I (quindi tra le uve a sapore moscato), Ordine I (ad acini rotondi), ad acini piccoli. “Pochissima cacciata. Sarmenti fragili, midollosi, a spessi nodi; foglia glabra con peziolo rossastro. Peduncolo analogo, spiccaticcio. Grappolo piuttosto uguale a racimoli quasiché rari, richinati, porporeggianti; frutti sferici, opachi, nero-purpurei; fiocine sottile, duro e dolce. Polpa floscia, molto succosa, e di soavissima fragranza. Usi a formarne il vino di questo nome”. Giorgio Gallesio (1833) menziona il vitigno tra gli inferiori, a Montefiascone, dopo le otto varietà principali. Francesco De Bosis, fornisce una scheda ampelografica sull’Aleatico nel Bullettino ampelografico, 1875, fascicolo II. Capitolo “Descrizione e sinonimia dei vitigni principali delle Marche e degli Abruzzi e cenni delle sinonimie dei vitigni delle Romagne e delle Provincia Romana.” Giuseppe di Rovasenda (1877) elenca i vitigni con i loro sinonimi “Aleatico comune, vedi pure Aleatico nero tra le uve di Roma”. Origene Cinelli (1884) cita un vino di qualità ottenuto dalla miscela di uve di Aleatico con Canaiola (Canaiolo nero) e Rossetto (Trebbiano giallo). Mengarini F. (1888), relativamente al territorio viterbese, riporta che dopo il 1871 la domanda di vino rosso da parte dei consumatori ha fatto aumentare la produzione dei rossi tra cui Aleatico. “Produce il territorio due tipi di vini da dessert……. e l’Aleatico; non si fa però un’industria di questi vini, quantunque siano di ottima qualità.”. L'Aleatico compare pure nel circondario di Civitavecchia e di Tarquinia, Montalto, Monteromano, ma non in grandi quantità (scarsa è la coltura della vite, scarse le uve nere). Mancini C. (1893), scrive: ”Tra le uve ricordate, l’Aleatico figura sia nel comune di Viterbo, che in quello di Vignanello, ma anche nella zona dei Castelli. Dice l’autore “…l’Aleatico, ch’è anch’esso assai diffuso nel Viterbese, il quale, se dà un prodotto pregevolissimo, ha però una produzione assai scarsa”. Zucchini M. (1961), con riferimento ad Aleatico riporta: ”Nella provincia di Viterbo produce il 5% sul totale di uve rosse (perciò sullo 0,5% del totale della produzione di uve da vino). Degno di menzione è poi il vino Aleatico di Gradoli; l’Aleatico partecipa anche alla produzione dei vini rossi romani.” Carosi Demostene (1971), descrive il vino Aleatico di Gradoli, quello di Montefiascone, con tradizioni antiche e molto ricercato, composto unicamente da uve provenienti dal vitigno omonimo, ma anche quello dei Monti Cimini (provincia di Viterbo), seppur modesto in quantità, con caratteristiche di pregio.