Notizie storiche
Il Lambrusco salamino, il cui nome fa riferimento alla
forma cilindrica e serrata del grappolo che ricorda un piccolo salame, è
presente almeno dalla metà del XVIII° secolo nei territori di Modena e Reggio
Emilia.
Piergiovanni Paltrinieri, infatti, nella seconda metà
del Settecento annota in un manoscritto inedito “le uve che si trovano nel
Carpigiano oltre le descritte nel Baccanale de’ vini Modenesi”, inserendovi la “Salamina”,
come ci riferisce Maini un secolo dopo (Maini, 1851). Le parole di Paltrinieri descrivono
bene il Lambrusco salamino; “è uva Lambrusca: ha i grani simili alla Sabina, ma
fitti e ammassati: ha il grappoletto lungo circa un dito, ed è tanto grosso nel
principio come nella fine. Ha la corteccia assai sottile, di color poco nero,
ed il mosto cristallino”.
Bertozzi nel 1840 lo inserisce nel lungo elenco dei
vitigni coltivati nel Reggiano col nome dialettale di "Imbrusca
salamèina", catalogandolo nel gruppo delle 'Viti di uve di colore
coltivate nei campi. Uve scelte per i migliori vini di commercio” ed esprimendo
così un giudizio molto positivo.
È citato anche da Galloni (1847) e descritto dal
cavaliere Francesco Aggazzotti (1867).
Ramazzini nel 1885, deplorando la confusione
varietale, rivolge le sue attenzioni “ pelle uve che godono le simpatie dei
viticultori e che pare stiano contendendosi la palma della preferenza: il
Lambrusco Sorbara e il lambrusco salamino.” Del Lambrusco salamino loda la
robustezza e la produttività superiore a quella di tutti i vitigni della
provincia, ma ne vede l’uso solo per un prodotto da taglio. Ramazzini ritiene
che il vitigno presenti variabilità al suo interno e distingue tre tipi
differenti per caratteri morfologici e con diversa produttività, sensibilità
all’oidio e adattabilità a diverse pedoclimatiche: tenero, a foglia rossa e a
foglia verde, quest’ultimo superiore per produttività e rusticità.
Nella lista di nomi dialettali di piante reggiane e
del corrispettivo italiano il Casali (1915) riporta l’“òva lambruschîn Salamèin”, con il sinonimo di “lambrósch
di fréèe” e “lambruschîn éd Rìí”
(lambrusco Salamino), e “òva lambruschîn Salamèin ed Rubéra” (Lambrusco
Salamino di Rubiera), forse a rappresentare una variabilità di caratteri di
viti e uve.
Distribuzione e variabilità
Il Lambrusco salamino è coltivato
in Emilia Romagna e, marginalmente, in Lombardia. In Emilia Romagna oltre 1600
ha, pari al 21% della superficie vitata provinciale, sono presenti in provincia
di Reggio Emilia (anno 2012), dove rappresenta il secondo vitigno per
importanza dopo Ancellotta. È diffuso soprattutto nei comuni di Correggio, San
martino in Rio e Rio Saliceto, nelle aree di pianura al confine con il
Modenese.
Nel territorio di Modena è il
primo vitigno per superficie coltivata, che, con 2.900 ha, rappresenta il 39% della superficie a vite
della provincia, dove è presente
soprattutto nei Comuni di Carpi, Soliera e Novi.
Caratteri agronomici
Si adatta bene a climi
continentali e, mediato dal portainnesto, a qualsiasi tipo di terreno,
prediligendo quelli di medio impasto e argillosi con media fertilità. La
produzione è buona e costante e la potatura più idonea è quella corta, essendo
dotato di ottima fertilità delle gemme basali. La tolleranza a peronospora e
oidio è media. È sensibile al mal dell’esca. È soggetto alla spaccatura degli
acini, per effetto della reciproca compressione, di piogge nelle fasi finali
della maturazione, ma anche di eccessivi apporti di acqua e azoto; ciò
predispone i grappoli di lambrusco salamino all’attacco di botrite e di
marciume acido, soprattutto in annate ad alto rischio di infezione (Bulgarelli
et al., 2010)..
Prodotti
Le uve di Lambrusco salamino vengono
destinate alla vinificazione. Nel Modenese se ne ottiene il vino D.O.C.
“Lambusco salamino di S.Croce”, in cui è presente almeno per il 90%, e rientra
nella D.O.C. “Lambrusco di Sorbara”, in misura inferiore o pari al 40%.
A Reggio Emilia è utilizzato soprattutto
per la produzione del vino Reggiano D.O.C. “Labrusco salamino”, in cui è
presente almeno per l’85%, e nella D.O.C. “Reggiano Lambrusco”, dove
rappresenta uno dei più importanti vitigni per la realizzazione di tale
tipologia insieme al Lambrusco Marani. I limiti territoriali di queste due
tipologie D.O.C. sono riportate in figura 5; i comuni del comprensorio del
“Lambrusco salamino” D.O.C. rappresentano la zona reggiana in cui tale varietà
è storicamente diffusa e vocata alla sua coltivazione.
Il vino è molto colorato,
mediamente alcolico, profumato e gradevolmente vinoso, fresco, fruttato,
leggermente tannico ed è adatto ad essere consumato giovane.